Malacalza come Salini? In Pirelli la partita è persa

La famiglia genovese con il consulente Erede alza il livello dello scontro. L’ipotesi delle scalate a cascata. Ma gli azionisti stanno con Tronchetti

Malacalza come Salini? In Pirelli la partita è persa

Probabilmente i Malacal­za riusciranno ad aggiu­dicarsi Villa Altachiara a Portofino, ma è difficile che rie­scano a fare altrettanto con la Pi­relli. In entrambi i casi a occu­parsi della vicenda è l’attivissi­mo studio Erede. Nel primo caso se la stanno ve­dendo con Attilio Befera, il po­tente capo dell’Agenzia delle en­trate, che sulla villa della contes­sa Agusta vanta un centinaio di milioni di crediti fiscali mai esat­ti. Nel secondo con Marco Tron­chetti Provera, il numero uno della Pirelli con il quale, dalla primavera scorsa, hanno rotto i rapporti.

Ma andiamo al cuore della vi­cenda. E cerchiamo di metterla semplice. Ai Malacalza è stato prospettato il disegno Impregi­lo. La storia ormai è nota. Con un colpo di teatro e grazie ai buo­ni consigli del solito studio Ere­de, la più importante società di costruzioni italiana è passata dai Gavio ai Salini. I nuovi pa­droni hanno comprato sul mer­cato le azioni, hanno ribaltato la maggioranza sociale e sconfitto Gavio e un sistema di relazioni che arriva a Mediobanca. Un col­petto al salotto buono realizza­to essenzialmente sul mercato. La storia in Pirelli è molto più complicata. La ditta che fabbri­ca pneumatici è controllata da accordi sociali, da rapporti in­terpersonali forti (Acutis, Mo­ratti e Pirelli sembra difficile che possano mollare Mtp) e da un complesso sistema di scato­le societarie per le quali oggi chi vuole papparsi Pirelli (il bocco­ne prelibato) si vede costretto a lanciare un’Opa su tutta la ba­racca. Cioè sia su Camfin, la sca­toletta finanziaria in alto alla ca­tena, sia su Pirelli, la società ope­rativa che in Borsa oggi vale più di 4 miliardi. Un’operazione molto costosa anche per i Mala­calza e per il loro conto corrente che si favoleggia vicino agli 800 milioni di euro.

Gli ingressi in casa Tronchetti restano due. E i Malacalza pun­terebbero ad entrambi. Uno dif­ficile in Camfin (dove nel peg­giore degli scenari per Mtp la sua presa scenderebbe al 42 per cento) e uno costoso in Pirelli. Un aiutino potrebbe arrivare da qualche pacco di azioni che po­trebbe presto cambiare di ma­no, come quel 4,5 per cento di Pi­relli, oggi entrato nella mani del­la galassia Unipol che ha fretta di fare cassa.
Ma è sempre troppo poco per una società in cui i fondi interna­zionali hanno quote sociali che si avvicinano al 30 per cento e che hanno dimostrato di crede­re molto nel management attua­le. Difficile che decidano di cam­biare cavallo in corsa.

Ma, come dicono a Roma, se i Malacalza «vogliono fare striz­za a Tronchetti» è al cuore, a Pi­relli, che devono puntare con il loro cash, non a Camfin, dove la situazione è praticamente blin­data.
Comunque la si giri, l’opera­zione dei Malacalza sembra de­cisamente in salita. Il caso Sali­ni non è replicabile alla Bicoc­ca. La vera
poison pill di Tron­chetti Provera sono proprio i quattrini (per ora solo sulla car­ta) che ha fatto guadagnare ai Malacalza. Quando la famiglia genovese entrò dovette sborsa­re poco più di 80 milioni di euro, compreso un premio, per seder­si nel salottino. Oggi quel loro in­vestimento, grazie al positivo andamento di Pirelli, vale 150 milioni: il doppio.

Gli avvocati e i consulenti so­no geniali nel trovare i buchi ne­gli accordi, il fianco debole di un patto, il cavillo per bloccare un’operazione (a proposito, più che un esposto alla Consob, quello dei Malacalza sul bond convertibile appena approvato viene considerato a Roma un ap­punto di lavoro), ma il mercato in genere prevale. O meglio, quando un’azienda corre, è sa­na, fattura più del 90 per cento al­l’estero, non ha grandi proble­mi debitori e ha un manage­ment apprezzato, è difficile che si faccia scalare in modo ostile. La forza di Tronchetti oggi è pro­prio questa.

Senza considerare che il siste­ma bancario italiano sembra avere oggi

poca propensione a fi­nanziare una scalata ostile. Difficile trovare la firma di Cucchiani, ex consigliere Pirel­li, e oggi consigliere delegato di Intesa, su un finanziamento per una scalata ostile sulla Bicocca.

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