Dalla mazzata Imu al caro benzina: ecco tutte le tasse di Monti

L'introduzione dell'Imu è una mazzata da 20 miliardi. Poi ci sono il caro benzina, il ritocco delle addizionali Irpef e l'aumento dell'Iva. Ecco tutte le tasse targate Monti

Dalla mazzata Imu al caro benzina: ecco tutte le tasse di Monti

Imu, mazzata da 20 miliardi

La tassa per eccellenza imposta dal governo Mon­ti è quella sulla casa, la «pa­trimoniale silenziosa». Il primo passo del nuovo go­verno, col decreto Salva Ita­lia del dicembre 2011, è stato quello di ri­portare la tassa sulla prima abitazione, in­troducendo l’Imu al posto dell’Ici. Con ri­sultati ben più gravosi per i contribuenti, anche perché la metà del gettito va allo Sta­to, quindi la maggior parte dei Comuni ha deciso di innalzare al massimo le aliquote, per non rimanere a mani vuote. Particolar­mente colpite le seconde case, non solo quelle di vacanza, ma anche quelle affitta­te: gli aumenti sono stati mediamente del 200%, con punte perfino del 2.000% per chi affitta a canone concordato, cioè quello de­stinato ai non abbienti, che in passato era invece incentivato con aliquote più basse o addirittura azzerate. Incasso previsto, 20 miliardi, il doppio della vecchia Ici.

Benzina e gasolio alle stelle

Anche la leva numero due utilizzata dal governo Monti rientra nei «classici» della pressione fiscale: la stangata sui carburanti. E qui il Professore non ha col­pito una volta sola. Già con il decreto Salva Italia, infatti, sono stati decisi i primi au­menti delle accise di circa 12 centesimi al li­tro al netto dell’Iva. A queste cifre, già signi­ficative, si sono poi aggiunti, nel maggio di quest’anno, altri due centesimi al litro de­cretati dal Consiglio dei ministri per far fronte all’emergenza provocata dal terre­moto in Emilia.Ma l’ennesimo aumento si è rivelato un vero boomerang: il continuo aggravio dei prezzi dei carburanti alla pom­pa, infatti, ha provocato un sensibile calo dei consumi. Il 9,3% in meno, secondo il Centro Studi Promotor: mentre nelle casse dell’Erario sono finiti 3,4 miliardi di euro in più da gennaio ad agosto.

Buste paga sempre più leggere

Federalismo sì, ma solo quando fa comodo. Uno dei primi atti del governo Monti- sempre nel famoso decreto Salva Italia dello scorso dicembre- è stato in­fatti ritoccare all’insù le addizionali regio­nali all’Irpef, l’imposta sul reddito delle persone fisiche: dallo 0,9% all’1,23%, con un incremento in valore assoluto dello 0,33%. L’imposta è destinata al funziona­mento del sistema sanitario nazionale, per compensare un analogo taglio degli stan­ziamenti statali alla sanità e, secondo le sti­me dell’esecutivo, assicurerà alle Regioni un incasso di 2,2 miliardi di euro.L’effetto i contribuenti lo avvertono già dallo scorso marzo: sulla maggior parte delle buste pa­ga e dei cedolini pensione, infatti, sono au­mentate le trattenute. Salvaguardati solo i redditi più bassi, quelli compresi nella co­siddetta «no tax area».

Iva, aumento al 22 per cento

«Graziati», ma solo per quest’anno: dal primo lu­glio 2013 l’aumento del­l’Iva aspetta al varco i con­tribuenti italiani. A cresce­re di un punto sarà l’aliquo­ta ordinaria, dal 21 al 22%: quella, cioè, che riguarda la grande maggioranza di beni e servizi, con i prevedibili effetti negativi sul giàdesolato panorama dei consumi. L’au­mento è contenuto nella legge di stabilità, la cui versione originale era ancor più im­prontata al motto «lacrime e sangue»:l’au­mento, infatti, avrebbe dovuto scattare già da ottobre 2012 e doveva essere di due pun­ti percentuali. Era previsto anche un incre­mento dell’aliquota del 10%; ossia, l’Iva che grava su molti prodotti alimentari, co­me carni e pesci, e sui servizi turistici. Que­st’ultimo rincaro è stato però cancellato, come risulta anche dall’emendamento sul fisco dei relatori alla Legge di stabilità, de­positato proprio ieri alla Camera.

Il «grande fratello» in banca

Dal bollo sui conti cor­renti al «grande fratello» fi­scale: il risparmio è nel mi­rino del governo Monti fin dall’inizio.Già da un anno, il decreto Salva Italia ha in­trodotto un prelievo dello 0,1% su conti cor­renti, conti di deposito, deposito titoli e fon­di comuni di investimento: una mini-patri­moniale, che esclude solo i conti correnti con saldo inferiore a cinquemila euro. At­tualmente, sono previsti dei limiti: non me­no di 34,2 euro e non più di 1.200 euro al­l’anno. Dall’anno prossimo, invece, la tas­sa salirà allo 0,15% e saranno aboliti i tetti massimi. Ma si prepara anche una svolta in­quietante per tutti i risparmiatori: dal 2013, banche, Poste, finanziarie e Sim saranno obbligate a trasmettere all’Agenzia delle entrate i saldi e le movimentazioni dei no­stri conti correnti, che ci siano o meno inda­gini fiscali in corso. Ovviamente, la giustifi­cazione è la lotta all’evasione.

La gabella da 155 milioni ha affossato la nautica

La tassa sul lusso, ribat­tezzata «tassa barca» dagli esasperati addetti ai lavori del settore nautica, ha mes­so nel mirino le imbarca­zioni: voleva essere un sim­bolo dell’equità e della sobrietà del nuovo governo, ha dato invece risultati fallimen­tari. Prima con la tassa di stazionamento nelle acque pubbliche, che ha provocato la fuga dai porti turistici italiani, a vantaggio delle confinanti Francia, Spagna, Grecia e Croazia. Poi, la correzione in corsa: da mag­gio 2012­si paga invece una tassa di posses­so su tutte le imbarcazioni di lunghezza su­periore a dieci metri. Ma, come ha dovuto ammettere lo stesso governo a settembre, su 155 milioni previsti ne sono entrati in cassa appena 24. In compenso, la fuga dai porti italiani ha comportato una perdita di fatturato di 200 milioni, e ciò che è peggio di oltre diecimila posti di lavoro.

Supercar, crollano le vendite

E veniamo all’altro grande «bancomat» del­l’Erario: l’auto. Colpite in particolare dal governo Monti quelle di grossa cilin­drata, considerate di lus­so, e quindi da punire, sempre in nome del­la sobrietà. Così, è stato imposto il super­bollo: 20 euro per ogni kW superiore a quo­ta 185. La previsione del ministero delle Fi­nanze era di veder affluire 168 milioni nelle casse dello Stato. Ma ancora una volta, la scure si è trasformata in un boomerang. Se­condo una stima dell’Unrae, l’associazio­ne delle case automobilistiche estere in Ita­lia, lo Stato in realtà porterà in cassa sì e no 65 milioni, quindi oltre cento in meno ri­spetto alle previsioni. Colpa delle minori vendite di veicoli di grossa cilindrata e dei trasferimenti all’estero, dove molti auto­mobilisti esasperati hanno preferito collo­care le proprie vetture.

Per le imprese il salasso aumenta di 5,5 miliardi

Il Fisco targato Mario Monti soffoca anche le im­prese, soprattutto quelle più piccole. Prima di tutto, naturalmente,c’è l’Imu:ri­spetto all’Ici, il prelievo me­dio per i negozi e i laboratori risulta media­mente raddoppiato, mentre per i capanno­ni si registrano incrementi di imposta che superano il 60%. E sono aumentate del­l’ 1,3% anche le aliquote contributive Inps a carico degli artigiani e dei commercianti. Prelievi destinati ad aumentare nel 2013, quando le imprese faranno anche i conti con la riduzione della deducibilità dei costi per le auto aziendali, non più del 40% ma so­lo del 27,5%. Sono circa 7 milioni gli auto­mezzi interessati.

Aumenta anche la tassa sui rifiuti, per effetto della maggiorazione di 0,3 euro al metro quadro. La Cgia di Me­stre ha stimato che, per tutte queste misu­re, nel triennio 2012-2014 le imprese pa­gheranno oltre 5,5 miliardi di euro in più.

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