Moda, la corsa ai ricavi dietro il risiko

Non solo stanchezza ma anche insuccessi hanno provocato i cambi della guardia nel settore: l'addio di tre fra i più prestigiosi direttori creativi

Pierpaolo Piccioli e Dries van Noten.
Pierpaolo Piccioli e Dries van Noten.

Non è la fine del mondo, ma di sicuro è la fine di un mondo nel fashion system internazionale, dopo ben tre improvvisi divorzi tra grandi brand e i rispettivi direttori creativi: Walter Chiapponi dopo una sola sfilata per Blumarine, Dries Van Noten dopo 37 anni di successi con il marchio omonimo oggi di proprietà del gruppo Puig e Pierpaolo Piccioli, da 25 anni sul ponte di comando di Valentino. Quest'ultimo addio ha scatenato reazioni e supposizioni d'ogni tipo nell'ambiente, tanto che in meno di una settimana è stato annunciato ufficialmente l'arrivo di Alessandro Michele ex deus ex machina di Gucci, in stand by dal novembre 2022 - alla guida creativa della storica maison romana.

Quello stesso giorno dal marchio delle due G si è dimesso Benjamin Cercio, senior vice president della comunicazione global arrivato in Gucci dopo 16 anni da Louis Vuitton qualche giorno prima della traumatica separazione da Michele. Sono così riprese le illazioni su Stefano Cantino, il bravo manager torinese che nel 2018 ha lasciato Prada per Vuitton dove si occupa ai massimi livelli di comunicazione ed eventi. Il suo arrivo in Kering è dato per certo anche dai vertici del gruppo francese, ma è difficile immaginare che una figura del suo calibro lasci il marchio più profittevole del mondo per uno che al momento perde, chi dice il 10 e chi il 20%. Non a caso l'azione Kering ha subìto un serio tracollo in Borsa (-13% in un solo giorno) che ha provocato un vero e proprio effetto domino sui titoli del lusso mondiale a cominciare da Cucinelli, che ha perso quasi l'8%. Detto questo, Cantino è un uomo tanto sorprendente quanto competente: qualunque cosa andrà a fare sarà su larga scala e farà scrivere un nuovo capitolo nel gran libro dell'alta moda.

Certo in tutta questa storia di arrivi e partenze tocca dare un po' di numeri e alla fine si torna sempre a parlare dei francesi che guidano il gioco. Fondata a Roma nel 1960 da Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti, la Maison Valentino appartiene dal 2012 a Mayhoola, il fondo reale del Qatar. Nella compagine societaria l'estate scorsa è entrato al 30% il Gruppo Kering versando cash 1,7 miliardi di euro con un accordo vincolante per l'acquisizione totale del marchio entro il 2028. A condurre la trattativa è stato Jacopo Venturini, amministratore delegato del brand dopo esser stato l'insuperabile merchandiser di Gucci negli anni d'oro della direzione creativa di Alessandro Michele con Marco Bizzarri come amministratore delegato. I tre erano riusciti a triplicare il fatturato con una serie di azioni sorprendenti. Venturini aveva tra l'altro lavorato sei anni da Valentino nel prét à porter, prima di andare da Prada e poi nel marchio delle due G. Logico quindi che Rachid Mohamed Rachid, chairman di Valentino, l'abbia richiamato dandogli carta bianca in cambio di buoni risultati commerciali.

Pare siano mancati proprio questi negli ultimi tempi, anche se Piccioli era il miglior interprete contemporaneo della mistica della femminilità di Monsieur Garavani. Entrato in azienda nel 1999 come responsabile degli accessori insieme con Maria Grazia Chiuri, i due si sono occupati anche della linea Red per poi diventare il magico duo alla guida creativa della maison dal 2008 al 2016 quando lei è stata chiamata, prima donna in 60 anni, a disegnare l'universo femminile di Dior. Da quel momento lui è diventato l'uomo solo al comando del brand, conquistando grandi consensi da parte della critica. Nato nel 1967 a Nettuno, dove tuttora vive con la moglie Simona, i tre figli e il cane Miranda, Piccioli è un maestro del colore e il più immaginifico couturier che si possa immaginare dopo Cristobal Balenciaga. Alcune delle sue sfilate d'alta moda sono indelebilmente impresse nella memoria degli addetti ai lavori per il potente mix tra la poetica del fare e l'impianto scenografico. Va però detto che sembrava meno concentrato di un tempo sugli accessori, che fanno la vera base dei fatturati: non si ricordano altri successi planetari di borse e scarpe del brand dopo il lancio del modello Rockstud, avvenuto ancora ai tempi della Chiuri. L'arrivo della serie V Logo, che pure era apprezzata e super desiderabile, non ha fatto impennare i fatturati e lo stesso si può dire delle coedizione tra Birkenstock e Valentino.

Pare che i dissapori tra Jacopo e Pierpaolo siano cominciati su questo argomento. Sta di fatto che da almeno tre sfilate il ceo non si vedeva né in sala né nel backstage, sebbene sia notoriamente molto schivo; ma le collezioni erano talmente belle che nessuno ci ha fatto caso. Comunque sia, il dramma si sarebbe consumato tra l'alta moda di gennaio (un'esplosione di forme, colori e materiali ai confini della realtà) e il prét à porter dei primi di marzo tutto nero, lussuoso e luttuoso in parti uguali. Inevitabile il ritorno di Alessandro in scena ma non solo perché al suo debutto da Gucci nel 2015 lanciò la borsa Dyonisos che ha mandato in pensione le borse con le catene di tutti gli altri marchi e le ciabatte pelose Prince Town per cui ci voleva la lista d'attesa. Come lui non c'è nessuno nel dare alla moda un cuore che la moda molto spesso non ha. Se ce l'avesse, Dries Van Noten non si sarebbe messo in pensione da solo e speriamo che per sostituirlo non vadano a cercare lontano dal suo ufficio-stile. Invece Walter Chiapponi al ritorno dal periodo di riposo che gli ci vorrebbe dopo un anno tormentato andrebbe a dirigere un marchio come Ferragamo che avrebbe un gran bisogno di ripensarsi. Per Piccioli sarebbe perfetto Chanel, che nelle mani di Virginie Viard sta diventando la fiera delle banalità anche se vende a più non posso.

In alternativa potrebbe andare da Fendi, dove peraltro ci sono altre due candidate interessanti: Maria Grazia Chiuri che ha una voglia matta di tornare a vivere a Roma e Frida Giannini che è da troppo tempo fuori dai giochi.

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