Derivati di Stato, il caso viene riaperto dopo la decisione da parte della Cassazione di riconvocare a giudizio dinanzi alla Corte dei Conti gli ex ministri dell'Economia Vittorio Grilli e Domenico Siniscalco, e gli ex vertici del ministero dell'economia e delle finanze Maria Cannata (ex dirigente del debito pubblico) e Vincenzo La Via (l'ex dg del Tesoro). La vicenda è quella relativa alla stipulazione di contratti in prodotti finanziari derivati considerati ad alto rischio con la banca statunitense Morgan Stanley.
Gli Ermellini hanno pertanto deciso di accogliere il ricorso da parte del Procuratore generale della Corte dei Conti, che segnala mala gestio e un pesante danno erariale pari ad oltre 3,9 miliardi di euro, in opposizione alll’archiviazione del caso per difetto di giurisdizione. La corte di Cassazione ha determinato che in merito alla questione "dovrà pronunciarsi il giudice contabile di primo grado", vale a dire la Corte dei conti, sezione giurisdizionale del Lazio, in diversa composizione. Ciò appurato, tuttavia, non sarà possibile per la stessa Corte dei Conti procedere contro il colosso a stelle e strisce Morgan Stanley.
Per ricercare e determinare eventuali responsabilità farà da guida un apposito principio di diritto determinato dagli Ermellini delle "Sezioni Unite" (verdetto numero 2175 depositato nella giornata di oggi) in materia di valutazione dei parametri sulla base di cui i contratti derivati stessi sono stati prima stipulati e quindi gestiti.
"Ferma restando l'insindacabilità giurisdizionale delle scelte di gestione del debito pubblico, da parte degli organi governativi a ciò preposti mediante ricorso a contratti in strumenti finanziari derivati", si legge nella sentenza della corte di Cassazione, "rientra invece nella giurisdizione contabile, in quanto attinente al vaglio dei parametri di legittimità e non di mera opportunità o convenienza dell'agire amministrativo, l'azione di responsabilità per danno erariale con la quale si faccia valere, quale petitum sostanziale, la mala gestio alla quale i dirigenti del Ministero del Tesoro (oggi Mef) avrebbero dato corso, in concreto, nell'adozione di determinate modalità operative e nella pattuizione di specifiche condizioni negoziali relative a particolari contratti in tali strumenti".
L'accusa quindi si basa sul fatto che tali condizioni concordate con la banca statunitense fossero palesemente svantaggiose per l'Italia.
Morgan Stanley, ad esempio, dinanzi a particolari condizioni prestabilite, avrebbe avuto la possibilità (e così infatti ha agito) di svincolarsi dall'accordo anticipatamente mettendo in tasca delle plusvalenze. Il danno per le casse del nostro Paese è quantificabile in circa 4 miliardi di euro, tanto che più che forma di protezione l'operazione sembrerebbe configurarsi come una speculazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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