Il campione italiano dei pagamenti finisce nel mirino di Cvc capital partners. Ma il Tesoro, azionista di Nexi tramite Cassa depositi e prestiti con il 13,5% e Poste con il 3,5%, non è certo interessato a vendere. Qualunque attore straniero volesse provare a scalare la società non può che bussare prima alla porta della Cdp, leggasi governo, se non vuole correre il rischio di incappare nel golden power in un settore certamente strategico per la quantità di dati sensibili che porta con sé. Tuttavia, nonostante gli ostacoli, ieri la voce di una possibile Opa del private equity britannico ha lanciato in orbita il titolo di Nexi, che a inizio seduta non è riuscito a fare prezzo per quasi un'ora per poi finire la giornata con un rialzo del 13,1% a 6,51 euro. Dal fondo britannico è arrivata una mezza conferma: «Nexi è uno dei molti dossier sotto osservazione da parte di Cvc, ma non ci sono stati contatti con la società e nessuna offerta è in preparazione». Tradotto: se qualcuno si fa da parte noi ci siamo. E chissà che a Londra non abbiano provato a sondare il terreno, leggendo della volontà del governo di rivedere il suo portafoglio di partecipazioni (nella Manovra sono annunciate privatizzazioni per 20 miliardi in tre anni).
Cvc, del resto, è alla ricerca di un'operazione nel settore dei pagamenti e Nexi gode al momento di una valutazione attraente. L'economia in frenata e i tassi d'interesse, infatti, hanno zavorrato il settore, con la società italiana che ha perso il 21,9% da inizio anno. Per fare un confronto con un attore simile, la francese Worldline (che è un po' più piccola con 6,8 miliardi di capitalizzazione contro 8,6) ha lasciato sul terreno il 36,4% sempre da gennaio. Ma al di là di un interesse di massima, c'è da dire che un'Opa di Cvc su Nexi sarebbe difficile da mettere insieme anche per una questione di esborso economico. Nonostante il titolo tratti a sconto, il nodo prezzo non è trascurabile. E per accontentare i diversi fondi di private equity nel capitale - alcuni molto rilevanti come H&F con in mano quasi il 20% - sarebbe necessario mettere sul piatto un bel premio, visti i consistenti ribassi dell'ultimo periodo. Insomma, si tratterebbe di un'operazione molto costosa e difficile da mettere insieme in un periodo di tassi d'interesse alti e liquidità in ritirata. L'azienda, ben guidata dall'ad Paolo Bertoluzzo, sta lavorando per abbattere un debito di 5,4 miliardi. Ed è il più grande gruppo europeo per capitalizzazione di mercato nei pagamenti digitali.
Una posizione costruita attraverso grandi e non facili acquisizioni - come quella di Sia nel 2021 - e ben difficilmente un governo come quello guidato da Giorgia Meloni deciderà di privarsi di un attore così importante, in un settore strategico e rilevante in ottica futura.
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