Nuove tasse, credit crunch usura e ritardi della P.A.: ecco come soffocano le imprese

Confindustria: "Le aziende italiane attendono 180 giorni per ottenere un pagamento della P.A, in Francia 64 giorni e in Germania 35". Confesercenti: "In 3 anni 330mila imprese hanno chiuso, tra i motivi c'è l'usura"

Nuove tasse, credit crunch usura e ritardi della P.A.: ecco come soffocano le imprese

Strozzate dalle tasse, dal credit crunch, dai ritardi dei pagamenti e persino dagli usurai. Le imprese italiane vedono nero, strette in una morsa ferale che spesso porta alla chiusura o al fallimento. 

A lanciare l'allarme sulle condizioni delle aziende nostrane è il direttore Area Fisco, Finanza e Welfare di Confindustria, Elio Schettino, davanti alla commissione Industria del Senato.

Per viale dell'Astronomia, la stretta creditizia non si placherà, ma "proseguirà nei prossimi mesi", aggravata dai ritardi dei pagamenti, soprattutto da parte delle Pubbliche amministrazioni. Un ritardo enorme, se paragonato a quello di altri paesi.

Precisamente, per ottenere un pagamento dalla P.A. "le aziende italiane hanno atteso 180 giorni nel 2011 (128 nel 2009)", mentre "in altre economie avviene il contrario: i tempi di pagamento della P.A si sono ridotti in Francia a 64 giorni (da 70), in Germania a 35 giorni (da 40)", ha spiegato Schettino. 

Che poi ha citato un "recente studio della commissione europea" che "rileva che il 48% delle Pmi europee, nei sei mesi precedenti la rilevazione che si è svolta tra agosto e ottobre 2011, segnala un incremento dei costi diversi dal tasso d’interesse (commissioni, spese, tasse). L’analisi per Paesi indica che l’Italia è tra i Paesi in cui ci sono stati gli incrementi più elevati, con il 63% dell Pmi intervistate (contro il 44% dell’indagine del 2009) che hanno indicato un aumento dei costi diversi dal tasso d’interesse, seguita dal Portogallo (71%) e dalla Spagna (73%)", ha spiegato Schettino.

Insomma, secondo Confindustria, per le imprese "è in atto un preoccupante fenomeno di restrizione del credito sia in termini di quantità erogata che di costi applicati".

Per quanto riguarda i prestiti, il Centro studi di viale dell’Astronomia, basandosi su dati di Bankitalia, ha spiegato che "i prestiti alle imprese in Italia si sono ridotti a gennaio dello 0,1%" dopo il -1% di dicembre (cioè 20 miliardi) e il -2% di novembre. "A questa contrazione si aggiunge un elevato livello del costo del credito. Il tasso di interesse pagato per i prestiti bancari dalle imprese italiano è salito rapidamente nel 2011, attestandosi in media al 4,1% a gennaio 2012, quasi un punto in più rispetto al 3,2% del giugno 2011». La situazione si fa difficile perchè «aumentano margini di interesse, altri oneri, richieste di garanzie e limiti sui volumi erogati", ha aggiunto Schettino.

Oltre ad allungarsi i tempi dei pagamenti della P.A, si allunga anche quelli dei pagamenti tra imprese: passati da 88 giorni del 2009 a 103 dello scorso anno.

Ma il credit crunch e il ritardo dei pagamenti non sono gli unici problemi che affossano le imprese. C'è anche quello dell'usura. E a spiegarlo è stato Marco Venturi, presidente nazionale di Confesercenti, che ha parlato a Palermo per la presentazione del rapporto di Sos Impresa su usura ed estorsioni.

"Abbiamo fatto delle stime: sono centinaia di migliaia le imprese che si rivolgono agli usurai. Sono state 330 mila in tre anni quelle che hanno chiuso per vari motivi, tra cui c’è anche l’usura", ha spiegato Venturi. 

Che poi ha precisato che "c’è stato un aumento del fenomeno, legato alla crisi che più si prolunga e più induce alcune imprese a mettersi nelle mani degli usurai con il risultato che l’impresa viene chiusa ugualmente. È difficile salvarsi, per questo diciamo che occorre evitarlo".

L'appello che Venturi lancia al governo Monti si basa sulla riduzione della "pressione fiscale", anche se "non si sta andando in questa direzione, dal momento che a ottobre è previsto un aumento di due punti di Iva.

Occorre allora fare un passo in avanti diverso, agendo sulla spesa pubblica. Cosa che ancora non si è vista nonostante le numerose sollecitazioni. Chiudere le imprese significa minore ricchezza per il Paese e su questo noi abbiamo chiesto a Monti maggiore attenzione".

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