Opa su Prima Industrie. Già venti gli addii alla Borsa

I fondi Alpha e Peninsula rilevano il 50%, offerta a 25 euro. È l'ultimo tra i tanti delisting dell'anno

Opa su Prima Industrie. Già venti gli addii alla Borsa

La prima a dare l'addio a Piazza Affari è stata Cerved il 9 febbraio. Poi, una pioggia di Opa ha coinvolto piccoli e grandi nomi di Borsa e altre 12 società sono sparite dai radar degli investitori: Energica Motor, Siti, Banca Investis, Tas, Falck Renewables, La Doria, Assiteca, Giorgio Fedon e Figli, Banca Finnat, Banca Intermobiliare, Coima Res e Costamp. Negli ultimi due mesi a fare rumore con la scelta di lasciare la Borsa sono stati poi quattro big player: As Roma, Atlantia, Tod's e l'ultima, Prima Industrie, con l'annuncio arrivato ieri.

Un conto che supera quindi quota venti se consideriamo alcuni casi particolari. Cattolica Assicurazioni e Banca Carige che verranno acquisite, rispettivamente, da Generali e Bper. Questi ultimi sono gruppi quotati quindi non ci sarà alcuna perdita automatica di capitalizzazione per Piazza Affari. Poi c'è Exor, la cassaforte degli Agnelli che il 27 settembre si sposterà sulla alla Borsa di Amsterdam e Autogrill, pronta a traslocare alla Borsa Svizzera dopo la fusione con Dufry.

Dopo il caso Tod's, in pieno agosto è stata ieri Prima Industrie di Gianfranco Carbonato ad annunciare l'addio a Piazza Affari, dove capitalizza circa 235 milioni contro un fatturato di oltre 400 milioni che, al segmento Star non riusciva a esprimere il proprio valore. I fondi Alpha Private Equity e Peninsula, attraverso la controllata Femto Technologies acquisiranno così il 50,1% dei diritti di voto del gruppo che produce macchine per il taglio laser che l'azienda vende sul mercato dell'automotive, dell'aeronautica e della climatizzazione. L'Opa obbligatoria sarà lanciata dopo il closing della vendita, a 25 euro per azione, lo stesso prezzo riconosciuto ai soci venditori.

La partecipazione verrà acquistata per un controvalore di circa 129,2 milioni e attribuisce alla società una valorizzazione complessiva di circa 262 milioni, con un premio del 12,6% rispetto alla chiusura di mercoledì in Borsa (22,2 euro). Ieri il titolo si è avvicinato al prezzo d'Opa, chiudendo la seduta in rialzo del 10,36% a 24,5 euro.

Prima Industrie, con sede a Torino, conta circa 1.700 dipendenti, e ha stabilimenti produttivi in Italia, Finlandia, Stati Uniti e Cina e una presenza diretta commerciale in tutto il mondo. Alpha e Peninsula ritengono che il delisting dell'azienda possa garantire una maggiore flessibilità nell'affrontare e gestire le nuove sfide: «Promuovere e accelerare il percorso di crescita, perseguendo ulteriormente l'espansione internazionale e continuando ad alimentare la propria leadership tecnologica». Al momento, insomma, non si è visto l'effetto dell'ingresso di Borsa Italiana in Euronext, che dovrebbe, nelle intenzioni dei fautori, avvicinare al mercato azionario le imprese italiane medio-grandi.

Ma il fenomeno non è comunque nuovo, anche se per la sua portata inizia a essere significativo.

Dal 2017 al 2021 si sono delistate società per 55 miliardi di euro di capitalizzazione, mentre gli addii di quest'anno valgono già 47 miliardi, il 6,7% della capitalizzazione di tutta Piazza Affari.

ll fenomeno dello «spopolamento» dei listini borsistici è in ogni caso

globale, spiegano diversi analisti che imputano il trend anche alla sempre maggiore concorrenza del private equity e degli investitori istituzionali, che hanno capitali freschi per finanziare e investire nei capitali privati.

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