La guerra tecnologica impazza tra Stati Uniti e Cina. I fronti aperti sono tanti. Oltre al 5G e ai vari bandi verso il produttore di reti mobili di ultima generazione Huawei, c'è la battaglia dei dati, con gli ultimatum imposti a ByteDance, la società cinese che possiede il social media Tik Tok, e la guerra dei chip. La software house Oracle sarebbe dunque pronta a prendere in consegna Tik Tok negli Usa, battendo i rivali di Microsoft e gestendo quindi i preziosi dati degli utenti sul suolo statunitense. In realtà quello che si profila all'orizzonte sarebbe una joint venture con Bytedance che resterebbe nel capitale.
Quanto invece ai chip Nvidia è pronta ad acquisire dalla finanziaria nipponica Softbank la sua controllata britannica Arm, che sviluppa chip per l'intelligenza artificiale, per 40 miliardi di dollari. La mossa ha spinto tutti i titoli delle più importanti aziende del settore. A partire dalla franco-italiana (ma con sede in Svizzera) StM che in Borsa è salita del 3,7%. Nvidia, 12 miliardi di dollari di fatturato, ha offerto molto per Arm che ha ricavi per 2 miliardi. Una offerta giustificata, secondo gli analisti, dagli alti margini della società. Non c'è dubbio comunque che non tutto filerà liscio anche perché sul fronte dei chip si gioca molta parte della guerra tecnologica in corso tra Usa e Cina.
I chip infatti sono il cuore di silicio di tutti i device, dai pc agli smartphone, ma ormai sono presenti ovunque, ossia in tutti gli apparecchi «intelligenti» pronti al collegamento in rete. Sopratutto sul fronte automotive, dove si gioca una larga parte della partita sul 5G con le auto a guida autonoma, la capacità e la velocità di elaborazione dati è un punto centrale.
Il presidente Usa Donald Trump ha inoltre fatto di questa guerra un punto cruciale della sua azione di governo bloccando, circa un anno fa, la scalata al produttore di chip Usa Qualcomm da parte di Broadcom, che ha sede legale a Hong Kong. Alcuni dei principali produttori al mondo sono statunitensi: oltre a Qualcomm (nota per i chip Snapdragon utilizzabili su molti device mobili), c'è Intel, che è il primo produttore al mondo di chip per computer quando si tratta di realizzare i prodotti e i cosiddetti «wafer», i dischi in silicio che sono essenziali per il processo produttivo. Solo il 12% della produzione avviene però negli Usa, mentre il resto è in paesi, perlopiù asiatici che offrono costi di produzione bassi.
Ed è per questo che recentemente il governo Usa ha preparato un piano da 25 miliardi di dollari per riportare la produzione sul suolo americano.
In realtà la Semiconductor Industry Association aveva, in piena pandemia, presentato una proposta al governo per un piano da 37 miliardi, per la produzione di microchip, aiuti ai singoli stati per attrarre investimenti nel settore e una maggior spesa in ricerca e sviluppo.
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