Non sarà un 2021 semplice per i pensionati. Meglio essere chiari. Sulla testa di milioni di ex lavoratori pende ormai da tempo il giallo sulla rivalutazione sugli assegni. IlGiornale.it vi ha raccontato in queste settimane tutte le mosse del governo, tutte le fughe in avanti, le retromarce e i dubbi dell'esecutivo sul reale valore della rivalutazione degli assegni previdenziali a partire dall'1 gennaio 2022. Come abbiamo già detto in una prima fase della stesura della manovra, nella prima bozza, è apparsa l'estensione al 31 dicembre 2022 del sistema penalizzante delle rivalutazioni. Poi, dopo lo scontro con i sindacati e le polemiche sollevate dal trucco dell'esecutivo, nel testo finale della manovra sarebbe sparita la proroga (sottolineamo il "sarebbe") con un ritorno ad un adeguamento più favorevole a partire dall'1 gennaio 2022 e non dall'1 gennaio 2023 come voluto, in un primo momento dall'esecutivo. Ma come hanno più volte sottolineato i sindacati servirà porre attenzione sul testo che uscirà poi dalle Camere per il rischio di eventuali blitz sulle tasche dei pensionati. C'è anche un'altra incognita, più politica: probabilmente questo governo non ha voluto forzare la mano per evitare un crollo della popolarità.
Ma non è escluso che con aria di rimpasto e di nuovi possibili governi, con la prossima legge di Bilancio, quella che toccherà produrre a fine 2021 possa arrivare qualche amara sorpresa con l'allungamento dei tempi per il sistema penalizzante delle rivalutazioni. Ma in tutto questo c'è anche da sottolineare l'adeguamento degli assegni previsto per gennaio 2021. L'esecutivo con un decreto dello scorso 16 novembre ha fissato la rivalutazione automatica in base all'inflazione allo 0,5 per cento contro uno 0,4 per cento previsto. Contestualmente è stato definito allo 0,0 per cento il tasso di previsione da porre sulle pensioni in pagamento dall'1 gennaio del 2021. In realtà come ricorda pensionioggi, il tasso previsionale è fissato a -0,3 per cento. Ma il valore non può mai essere negativo, da qui lo 0,0 per cento. Secondo questo schema a partire dall'1 gennaio 2021 gli assegni delle pensioni avranno un conguaglio dello 0,1 per cento. Per questo motivo scatterà un assegno aggiuntivo, una tantum, che permetterà di recuperare la quota che manca all'appello rispetto allo scorso anno.
Gli assegni dunque raccoglieranno briciole. Si tratta di 1 o 2 euro lordi mensili con un assegno da conguaglio tra i 10 e i 25 euro che riguarda appunto la rivalutazione avallata nel periodo che va dall'1 gennaio al 31 dicembre del 2020. In questo sistema gli assegni fino a quattro volte il minimo avranno un tasso di rivalutazione dello 0,50 per cento con una variazione media che va da 1.004,00 euro a 1.005,00, da 1.506,00 a 1507,00 e da 2.008 a 2.010,00. Andando avanti dall'1 gennaio gli importi da 2.507,70 saliranno a 2.509,00 e quelli da 3.006,24 a 3.007,80. Novità anche per gli assegni più alti che superano i 3500 euro lordi che avranno sempre un adeguamento di circa due euro. Insomma si tratta di un conguaglio davvero misero. Su base annuale l'extra va da un minimo di 13 euro ad un massimo di 26 euro.
Ed è per questo motivo che bisogna restare vigili sulle mosse dell'esecutivo sulle perequazioni. Con una rivalutazione piena, come si spera possa avvenire l'1 gennaio del 2022, gli importi potrebbero cambiare in modo più congruo e sostanzioso...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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