La stretta sulle pensioni anticipate, avviata nel 2024 con il passaggio al sistema interamente contributivo per Quota 103 e l'allungamento delle finestre di uscita, ha già prodotto effetti tangibili. Secondo i dati dell'Inps, il numero di pensioni anticipate è diminuito del 15,7% rispetto al 2023, passando da 255.119 a 215.058. Al contrario, le pensioni di vecchiaia sono rimaste sostanzialmente stabili. In netta flessione il numero delle lavoratrici che hanno scelto Opzione donna: nel 2024 - secondo l'Osservatorio Inps sui flussi di pensionamento - sono state 3.489 con una riduzione del 70,92% rispetto alle 11.996 del 2023. Quasi la metà, nonostante siano richiesti almeno 35 ai di contributi versati, è uscita con assegni inferiori a mille euro al mese (1.516 lavoratrici) mentre appena 274 sono andate a riposo con assegni di almeno 2mila euro al mese.
I trattamenti con decorrenza nel 2024, secondo l'Osservatorio Inps, sono stati nel complesso 830.452 con un importo medio di 1.245,64 euro al mese. Il numero è in calo rispetto al 2023 (erano state 907.066) ma l'importo medio alla decorrenza è superiore (era di 1.230,76 euro nel 2023). È in calo il numero delle nuove pensioni di invalidità previdenziali passate da 61.128 a 52.261 e di quelle ai superstiti (da 242.592 a 213.680) mentre aumentano i nuovi assegni sociali (da 91.885 a 95.240). Per la pensione anticipata l'importo medio mensile alla decorrenza è di 2.117,40 euro, in crescita rispetto ai 2.055,45 euro del 2023 mentre per quella di vecchiaia è di 1.164,11 euro, in aumento sui 1.119,82 del 2023. I dati risentono del recupero dell'inflazione.
In buona sostanza, viene confermato l'obiettivo delle riforme introdotte dal governo Meloni: creare una correlazione più diretta tra i contributi versati e l'importo della pensione, incentivando comportamenti virtuosi, sostenendo i redditi più bassi. Le statistiche sui pensionamenti anticipati, tuttavia, hanno riacceso la polemica politica sull'adeguamento dell'età pensionabile all'aspettativa di vita.
Le nuove stime della Ragioneria generale dello Stato contenute nell'aggiornamento del report Le tendenze di medio-lungo-periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario evidenziano che dal 2027 l'uscita sarà posticipata di 3 mesi a 67 anni e tre mesi (43 anni e un mese per l'anzianità uomini, un anno in meno per le donne) per salire a 68 anni e un mese dal 2039, a 69 anni e un mese dal 2051 e a 70 anni dal 2067. Per Vito La Monica, direttore centrale Pensioni dell'Inps, «non può che essere una scelta del legislatore se mantenere la speranza di vita all'interno del requisito pensionistico oppure no».
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