Dopo aver fatto volare gli stracci nei giorni scorsi, i Signori del petrolio hanno trovato l'accordo su un aumento della produzione di 500mila barili al giorno a partire dal prossimo gennaio. È un micro-tapering, quello deciso ieri in videoconferenza dall'Opec+. Ossia, un prudentissimo passo in direzione della futura normalizzazione che scalfisce appena l'ammontare dei tagli all'output. Dai 7,7 milioni di barili sottratti al mercato si scende a 7,2 milioni, il 7% della produzione globale. Le quotazioni riflettono infatti il sostanziale mantenimento dello status quo: il Wti è salito dell'1,2% a 45,82 dollari, vicino ai massimi degli ultimi nove mesi, mentre il Brent del Mare del Nord si è portato a 48,84 dollari (+1,22%).
L'intesa serve soprattutto a mostrare una raggiunta conciliazione all'interno del Cartello allargato rispetto alle profonde spaccature emerse già in novembre e che avevano messo a rischio il raggiungimento di un deal. Ma le divisioni restano, sublimate nella contesa mantenuta volutamente sfumata tra due pesi massimi come Arabia Saudita e Russia. Se l'emirato guidato da Bin Salman puntava i piedi per preservare i tagli nella loro interezza almeno fino alla fine di marzo, Mosca, spalleggiata da Iraq, Nigeria ed Emirati Arabi Uniti, premeva invece per far sgorgare più greggio dai pozzi. Una tattica utile per rientrare, almeno parzialmente, dallo sforamento delle quote produttive. Non che la Russia sia la sola «fuorilegge»: lo è anche oltre la metà dei membri dell'Opec+. Secondo alcune stime, il mancato rispetto delle quote ammonta infatti complessivamente a 2,3 milioni di barili al giorno e sarebbe stato la causa del nuovo scontro maturato fra Riad a Abu Dhabi dopo i forti attriti della scorsa estate, in concomitanza con l'accordo storico siglato dagli Emirati con Israele. Allora, l'Arabia aveva chiesto e ottenuto il rispetto dei limiti di produzione. Dopo aver subìto, gli Emirati hanno preteso nei giorni scorsi identico trattamento anche nei confronti degli altri Paesi ribelli, arrivando a minacciare di bloccare ogni decisione.
Di qui l'accordo di compromesso raggiunto ieri, agevolato dalla speranza che l'arrivo del vaccino contro il Covid possa aiutare la ripartenza dell'economia e, di conseguenza, i consumi petroliferi. Anche la risalita dei prezzi dell'oro nero nelle ultime settimane ha aiutato le ragioni dei Paesi favorevoli a incrementare la produzione.
Ora resta però da vedere se, e in che modo, l'eccesso di output verrà riassorbito nelle prossime settimane. O se la possibile uscita dalla pandemia metterà l'Opec+ nelle condizioni di ridurre i tagli a 5,8 milioni di barili, come era stato ipotizzato in aprile, e di trovare quindi una vera pacificazione al proprio interno.
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