Lo scoppio della guerra ha spinto verso picchi da record i prezzi delle più importanti materie prime, innescando una crisi produttiva e un’impennata inflazionistica storica. Dal settore energetico a quello dei metalli fino all’agroalimentare, le commodities più ricercate e preziose per la vita quotidiana e per i settori produttivi hanno tutte registrato un balzo inaspettato. In sintesi, queste le materie prime più costose, con la percentuale di rincaro dal 24 febbraio (giorno dell’invasione russa) all’11 marzo:
● gas naturale: 180%
● carbone termico: 126%
● nickel: 93%
● coke: 53%
● frumento: 42%
● lamiere da treno: 41%
● petrolio: 32%
● rottame ferroso: 30%
● ghisa da affinazione: 29%
● palladio: 18%
● alluminio: 19%
● zinco: 17%
● minerale di ferro: 16%
● mais: 15%
● legno: 10%
Da segnalare, inoltre, che nella prima metà di marzo, i balzi di prezzo sono stati ancora più marcati per alcune materie prime, con: coke +111%, nickel +130%, alluminio +42%, frumento +57%, palladio +47%, litio +81%, mais +28%. Focalizzandosi sull’energia, risulta che dall’1 all’11 marzo il gas è schizzato del 219%, il carbone termico del 212% e il petrolio del 62%. I prezzi elevati a causa della ripresa post-pandemia e dei problemi nelle catene di approvvigionamento hanno trovato una nuova e improvvisa spinta dalla guerra. Da Russia e Ucraina provengono metalli, grano, frumento, mais.
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