Quel Profumo di sospetti che fa impazzire il Pd

I vertici democratici stanno lentamente iniziando a capire cosa ci sia dietro al recente clamore dello scandalo Mps

Quel Profumo di sospetti che fa impazzire il Pd

Sono furibondi. Furibondi. I vertici democratici stanno lentamente iniziando a capire cosa ci sia dietro al recente clamore dello scandalo Mps. E a loro avviso c’è un responsabile, un’anima nera: e si chiama Alessandro Profumo.

L’attuale presidente della banca nominato, in ultima analisi, proprio da loro. Ma andiamo con ordine e rimettiamo in fila, semplificando, le figurine della storia. Tutto il problema nasce da un peccato originale. Gli azionisti della banca, e cioè i politici locali, non hanno mai voluto perdere la presa sull’istituto di credito. E, nel momento in cui si compravano allegramente sportelli bancari a botte di dieci milioni l’uno, hanno pensato bene di non lasciarsi sfuggire l’ultima possibilità che avevano per non essere considerati una banchetta locale:si comprarono l’Antonveneta. A caro, carissimo prezzo.

Dopo pochi mesi il mercato è venuto giù. E con esso le speranze di digerire il boccone con soddisfazione. Da quel momento hanno infilato un errore dietro l’altro. Non possiamo e non vogliamo dire che non siano stati commessi degli illeciti. Una procura starebbe indagando su commissioni sospette, poi fatte rientrare in Italia grazie allo scudo fiscale. Un secondo filone di indagine riguarda un’ipotesi di falso in bilancio e comunicazioni sociali non corrette. Illeciti a parte, che la situazione economica reddituale del Monte fosse delicata era chiaro a tutti, da anni.

Se l’acquisizione di Antonveneta fosse stata un gran successo, veramente qualcuno crede che il suo artefice (Mussari) avrebbe mollato la presa per andare a guidare l’associazione dei banchieri? Ma va là. E per di più proprio negli anni in cui, piano industriale alla mano, avrebbe dovuto portare benefici reddituali. Sarebbe stato là ben saldo a godersi il frutto della mossa azzeccata.

La tesi dei nostri confidenti democratici è che Profumo, senza grandi ruoli operativi, sia stato nominato al Monte come padre nobile. Sì, certo, non aveva lasciato, per usare un eufemismo, Unicredit in gran forma. Ma resta pur sempre la banca più internazionalizzata del Paese. E, comunque, è un manager che, almeno nella costruzione originaria di Unicredit, ha dimostrato di andare avanti per la sua strada, senza grande considerazione dei salotti e delle Fondazioni. La componente dalemiana di Siena sponsorizza senza indugi l’arrivo di Profumo. Tutti sanno che la banca è messa male, e che, soprattutto, ha necessità di un ripulita reputazionale. Profumo è l’uomo adatto. E anche i democrat alla Bassanini, che oggi contano decisamente meno a Siena, consideravano l’opzione positiva. Era necessario un Mr Wolf per Rocca Salimbeni: che facesse pulizia, ma senza fare troppo clamore.

Ma c’è un problema. Non fanno i conti con la regola d’oro dei manager: appena si entra in azienda si traccia una linea netta con il passato. I più spregiudicati un tempo facevano ciò che in gergo si chiamano «write off». Si prendono i bilanci ereditati e, nel primo anno di gestione, si portano a perdite tutte le poste possibili e immaginabili. L’effetto contabile è tosto nel primo esercizio: ma da lì in poi è una passeggiata. Le percentuali di incremento sono a due cifre e il manico del nuovo arrivato si fa così, pubblicamente e mediaticamente, sentire. Sulle banche l’operazione è più complicata. Non si scherza con il fuoco. Ci sono i depositi e i risparmiatori.

La tesi dei democratici è che Profumo abbia gettato abilmente benzina sul fuoco. Con perizia abbia fatto cioè il suo write off mediatico. «Quella roba non l’ho fatta io». È il principio che doveva passare. Ed è anche la verità. Il problema è che la reputazione del manager confligge con quella di un sistema di potere che ha i suoi terminali più influenti nel Partito democratico. E il polverone, per di più, è stato alzato in campagna elettorale. Ma se non ci fosse stata un’accesa competizione per le politiche, e tutta la polemica sugli impresentabili, l’affaire Mps sarebbe uscito con tanto clamore? E ancora.

Il danno per i democratici non rappresenta forse una grande opportunità per i centristi di Monti, che sul futuro assetto dell’industria bancaria italiana avranno un peso rilevante?

Si tratta di una zuppa o, se preferite, in questo caso, di una ribollita. Ma quel che è certo è che in queste ore è meglio non nominare il nome di Profumo dalle parti della sinistra.

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