Stop ai motori termici dal 2035. L'Europa si "arrende" alla Cina

Batterie e semiconduttori sono realizzati in Oriente. Prezzi delle vetture alle stelle nonostante gli incentivi

Stop ai motori termici dal 2035. L'Europa si "arrende" alla Cina

Il Trilogo Ue (Commissione, Parlamento e Consiglio) ha raggiunto l'accordo per imporre a tutti i cittadini l'auto elettrica dal 2035. Esultano il vicepresidente Frans Timmermans e l'eurodeputato Jan Huitema, entrambi olandesi, che hanno spinto a più non posso sul provvedimento, insieme a cordate taleban-ambientaliste, speculatori vari e lobby dell'elettrico. Una finestra sarà comunque aperta nel 2026, quando si valuteranno i progressi nel raggiungimento degli obiettivi anti CO2, con un occhio anche ai carburanti sintetici. Passi indietro? Per ora vengono esclusi, parleranno i fatti. Dal canto loro, i vertici Ue hanno continuato a lavorare sul piano «Fit for 55» (per le auto emissioni di CO2 giù del 55% e per i furgoni del 50% entro il 2030, fino ad arrivare al 100% per entrambi entro il 2035), fortemente condizionati da visioni ideologiche, come se la situazione attuale fosse la stessa del 2019: zero pandemia, zero guerra e minacce nucleari, zero crisi energetica e inflazione nei limiti. E zero preoccupazioni, da parte Ue, nonostante i primi allarmi sulla tenuta del sistema industriale e occupazionale in caso di decisioni unilaterali e con obiettivi esageratamente ambiziosi. Insomma, a Bruxelles è stato predisposto un piano che non contempla una miriade di problemi, sostenibilità sociale ed economica in primis. Per la serie: se ne occuperà, dal 2024, il nuovo Europarlamento.

La popolazione, soprattutto italiana, deve intanto fare i conti con i listini elevati e poco accessibili delle auto elettriche. Anche in presenza di incentivi, infatti, il prezzo resta alto, per non parlare delle incertezze sulle reali autonomie e i punti di ricarica ancora limitati. Tra l'altro, se anni fa quando si parlava di mobilità elettrica, la visione era quella di produrre auto compatte per fluidificare il traffico cittadino e dare un contributo «green», ora i costruttori fanno a gara nel proporre veicoli premium e di taglie XL-XXL, ancora più inavvicinabili. Purtroppo, la scarsità di semiconduttori e materie prime, quasi in toto di derivazione cinese, con i conseguenti blocchi e rallentamenti produttivi, ha determinato rialzi dei prezzi anche dei veicoli a benzina e Diesel, mercato dell'usato compreso.

Ecco, allora, che cambiare l'auto in nome del rinnovamento di un parco circolante obsoleto, diventa sempre più difficile. E se si riesce ad acquistare una vettura di seconda mano Euro 5 Diesel, credendo di fare una scelta «green», finisce che ne viene impedita la circolazione come accade a Milano. Inoltre, a causa del caro energia, per caricare l'auto elettrica oggi si spende il 161% in più rispetto a un anno fa, come risulta da un'analisi di Facile.it. Intanto, a Pechino festeggiano. I cinesi stanno approfittando di una Ue arrogante, prigioniera dell'ideologia e per nulla reattiva (la crisi energetica ha messo in luce scelte sbagliate, contraddizioni e divisioni) per iniziare l'invasione anche con i loro prodotti, logicamente elettrici: design occidentale, qualità e listini che si preannunciano interessanti. L'ultimo Salone di Parigi ha dato un primo assaggio, mentre è stato inaugurato nel cuore del distretto del design milanese (via Tortona) il terzo centro stile avanzato nel mondo e primo in Europa del colosso Gac, ex partner di Fiat-Fca e Stellantis.

«Da un lato - osserva Andrea Taschini, manager automotive - la Commissione Ue, imponendo l'auto elettrica, mette l'intero settore nelle mani della Cina, per via del suo dominio su tutte le materie prime necessarie per la loro costruzione; dall'altro, comincia solo ora a preoccuparsi della forte e crescente dipendenza dell'economia europea da Pechino.

Cosa accadrà? Il rischio è di una desertificazione industriale automotive europea, con le Case che sposteranno le produzioni là dove ci sono le materie prime».

Al recente #FORUMAutoMotive, commentando la strategia Ue, il leader Uilm, Rocco Palombella, ha parlato di «rischio macelleria sociale».

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