Gli stranieri tornano a investire in Italia. Ma ancora troppo poco

Dati Cgia: +3,5% di investimenti dall'estero. Ma nella classifica europea siamo in fondo. Peggio di noi solo la Grecia

Gli stranieri tornano a investire in Italia. Ma ancora troppo poco

C'è un dato positivo per la nostra economia: gli stranieri tornano a investire nel nostro Paese. Nel 2014 gli Ide (Investimenti diretti esteri) in entrata in Italia ammontavano a 281,3 miliardi di euro: rispetto al 2013, sono aumentati di 9,5 miliardi, pari ad un incremento del 3,5%. Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia (su dati della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo). Tra tutti i paesi dell’area euro solo l’Italia, la Slovenia (+3,5%) e la Finlandia (+2,2%) hanno conseguito un risultato positivo rispetto l’anno precedente.

C'è però un rovescio della medaglia, come fa notare la stessa Cgia: sebbene i dati relativi al flusso in entrata presentino un segno positivo, la situazione dello stock degli Ide in percentuale al Pil italiano rimane allarmante. Con un misero 17,4%, anche nel 2014, così come è avvenuto dall’inizio della crisi, ci troviamo in coda alla graduatoria europea. Solo la Grecia fa peggio di noi (8,5%). Nel 2014 i principali paesi di provenienza dei flussi in entrata nel nostro paese sono stati il Lussemburgo (39% del totale), la Francia (20,8% del totale) e il Belgio (12,4% del totale). "È chiaro - nota la Cgia - che gli investitori lussemburghesi sono riconducibili alle multinazionali con sede nel Granducato che da tempo beneficiano della fiscalità di vantaggio concessa alle imprese da questo paese".

A livello territoriale è il Nordovest l’area che riceve il più alto numero di investimenti. Nel 2013, ultimo anno in cui i dati sono disponibili per ripartizione geografica, il vecchio triangolo industriale ha attratto il 65% circa degli investimenti totali.
Seguono il Centro (18,5% del totale), il Nordest (13,8%) e il Sud (2%).

Cos'è che continua a tenere lontani dall'Italia gli investitori stranieri? Tra le ragioni la Cgia sottolinea "l’eccessivo peso delle tasse, le difficoltà legate ad una burocrazia arcaica e farraginosa, la proverbiale lentezza della nostra giustizia civile, lo spaventoso ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali, il deficit infrastrutturale e il basso livello di sicurezza presente in alcune aree del paese. "Se queste sono le ragioni che rendono il nostro paese poco attrattivo - afferma Paolo Zabeo della Cgia - pensate in che condizioni operano gli imprenditori italiani che nonostante ciò continuano a credere nelle proprie attività, ad investire nel futuro e a dare lavoro a milioni e milioni di italiani".

Il risultato del 2014, prosegue Zabeo, "è stato conseguito in massima parte grazie all’acquisizione, da parte dei grandi gruppi finanziari stranieri, di pezzi importanti del nostro made in Italy. Nel settore della moda, dei servizi, delle comunicazioni e dei trasporti, molti marchi storici sono finiti sotto il controllo degli investitori stranieri.

Se queste acquisizioni non daranno luogo a una fuga all’estero delle attività progettuali e produttive di questi nostri brand, tutto ciò va salutato positivamente. Purtroppo, l’internazionalizzazione dell’economia che stiamo vivendo da almeno 20 anni si manifesta e prende sempre più forma anche in questo modo".

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