Tassi, la Bce sceglie la tregua armata

Dopo 10 rialzi Lagarde si ferma, ma avverte: "Pausa non significa fine degli aumenti"

Tassi, la Bce sceglie la tregua armata
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Beethoven s'era fermato alla nona sinfonia, la Bce alla decima stretta. Dopo aver suonato lo stesso spartito a partire dal luglio 2022, l'Eurotower ha ieri posato la bacchetta e lasciato fermi i tassi al 4,5%. Ma per quanto vorremmo paragonarla alla Pastorale del grande Ludwig, la Colombina di Madame Lagarde non ha nulla di bucolico e di pacificatorio essendo solo il fragile punto e virgola che separa l'inflazione da un'ulteriore stretta, più che probabile se le cose prenderanno una brutta piega.

Il mantenimento dello status quo monetario indica infatti a mala pena che il germe della cautela si è insinuato anche tra i più tetragoni componenti del consiglio, senza sapere quale sia stato il ruolo svolto dalla presidente nel convincerli a non forzare ancora la mano. Del resto, quell'abilità che le veniva riconosciuta nel ricomporre i dissensi l'ha sciolta nel cemento armato con cui ha contribuito a irrigidire la postura di Francoforte. Un'azione di cui non si pente, anzi («Non, je ne regrette rien», ha detto in conferenza stampa citando Edith Piaf), anche se ha finito per trascinare l'eurozona sull'orlo della recessione. «L'economia resta debole, e tale resterà per il resto dell'anno - ha ammesso l'ex capa del Fmi - Man mano che l'inflazione scende ulteriormente, i redditi reali delle famiglie si riprendono e la domanda di esportazioni dell'area euro aumenta, l'economia dovrebbe rafforzarsi nei prossimi anni». A parte il fremito keynesiano che provoca la previsione, non potrebbe essere altrimenti. Anche perché da questa parti non si vede né una Barbie nè un Oppenheimer in grado di svolgere il ruolo di acceleratore del Pil - via box office - come è successo negli Stati Uniti nel terzo trimestre (+4,9%).

Sono stati i mercati i primi a rendersi conto che questa tregua sul fronte dei tassi è di carta velina (+0,2% Milano, -0,5% l'Eurostoxx600), con qualche effetto positivo solo sullo spread Btp-Bund (a 197 punti base) e sui rendimenti del decennale scesi al 4,8% grazie alla conferma che il programma pandemico di acquisti di titoli terminerà a fine 2024. Il Pepp è al momento l'unico frangiflutti rimasto a stemperare parzialmente le tensioni sull'obbligazionario create dai ripetuti giri di vite ai tassi. Ma non sarebbe certo sufficiente a bloccare ondate speculative. Per invertire la tendenza basterebbe un solo segnale da parte della Bce, e cioè che il costo del denaro ha raggiunto il suo picco. Ma se un taglio dei tassi è fuori discussione («E' prematuro assolutamente anche solo parlarne, ora dobbiamo stare fermi, siamo in pausa», ha detto la Lagarde), e se i tassi hanno raggiunto livelli che contribuiranno sostanzialmente alla lotta contro l'aumento dei prezzi, se «mantenuti per un periodo sufficientemente lungo», in canna restano altri proiettili da sparare. «Siamo in pausa, però non vuol dire - ha ammonito la numero uno dell'istituto centrale - che non rialzeremo di nuovo i tassi, che sono il miglior strumento che possiamo usare per riportate l'inflazione al 2 per cento. Oggi con questi dati siamo fiduciosi che con questi tassi torniamo al per cento, ma siamo dipendenti dai dati».

Insomma: un fremito fuori controllo del carovita, complice magari l'ascesa delle quotazioni dell'energia indotta da un

eventuale allargamento del conflitto in Medio Oriente, e la Colombina verrà subito impallinata dai falconieri. «Les feuilles mortes se ramassent à la pelle», ma per tirar su l'economia ci vorrà ben altro che una semplice pala.

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