SICOCHE (Mozambico) - I due capi villaggio in uniforme color sabbia si avvicinano all’albero di Almerigo con passo marziale. Uno fa ancora sventolare la bandiera degli ex guerriglieri della Renamo, l’altro il vessillo dei governativi del Frelimo. L’emozione è forte quando mi consegnano la targa che ricorda Almerigo Grilz caduto a Caia, una cinquantina di chilometri ad ovest, mentre filmava l’assalto dei ribelli alla città il 19 maggio 1987, durante un reportage sulla terribile guerra civile che ha insanguinato il Mozambico. Il primo giornalista italiano ucciso su un campo di battaglia dopo la fine del Secondo conflitto mondiale riposa da allora sotto un grande e antico albero africano, che ha preso il suo nome. Sulla targa che inchiodo al tronco è incisa una frase dal diario di Grilz in Mozambico: "Mi sporgo fuori per filmarli: non è facile, occorre stare appiattiti a terra perché le pallottole fischiano dappertutto… alzare troppo la testa può essere fatale".
Dopo 38 anni l’associazione Amici di Almerigo ha organizzato con l’aiuto delle regioni Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e di Fondazione Cariplo, il premio giornalistico in suo onore (qui per candidarsi) e la missione che lo ricorderà per sempre. Un viaggio nella vera Africa verso il luogo di sepoltura di Grilz individuato oltre vent’anni fa da Gian Micalessin. Il tragitto che si inoltra nella foresta dal mercato di Ndoro non è una strada, ma una pista quasi invisibile nella savana bloccata dalle piogge. Faz Bem, che vuol dire "fare bene", è la nostra giovane staffetta in moto che conosce il percorso. E segnala gli ostacoli: la pozza d’acqua paludosa, peggio delle sabbie mobili per il nostro fuoristrada, buche grandi come crateri e il fango nascosto dalla vegetazione dove le ruote sprofondano girando a vuoto.
© Davide Arcuri
In sella con Faz Bem attraversiamo villaggi di umili capanne, tagliati fuori dal mondo, dove non c’è acqua ed elettricità. Il sole a picco batte implacabile e ogni tanto si incrociano le donne che portano taniche o fardelli in testa per chilometri. Ad un certo punto un albero rinsecchito, crollato per le piogge, blocca la pista. A colpi di machete ci apriamo un varco nella rigogliosa vegetazione facendo bene attenzione ai serpenti, come il mamba nero, che fa paura anche agli africani.
Per un tragitto di 28 chilometri ci mettiamo quasi tre ore fino a Sicoche, dove sventola la bandiera del Frelimo, il partito di governo al potere da 50 anni. Il "regulo", ovvero il capo del villaggio, Felistino Alberto, si illumina quando parliamo di Almerigo: "Vi accompagno io dove è sepolto il bianco morto durante la guerra civile".
Dopo un fiume prosciugato si svolta nella foresta. L’erba è ad altezza d’uomo e si avanza con il fuoristrada fino ad un certo punto. Poi a piedi con le coordinate segnate nel 2002 da Micalessin, l’ex collaboratore del Giornale dal Sud Africa, Giancarlo Coccia e Franco Nerozzi. La piccola radura si apre all’improvviso in mezzo alla boscaglia. Un secolare albero di mutondo svetta verso il cielo ed è talmente grande da sembrare il "re" della foresta. Ai suoi piedi i guerriglieri della Renamo hanno sepolto Almerigo Grilz trasportando il corpo per 56 chilometri dopo la ritirata da Caia.
Adesso bisogna organizzare la cerimonia per la posa della targa con il "regulo" che controlla l’area, dove nel villaggio più grande, Mangane, sventola ancora la bandiera della Renamo. Sulla strada del ritorno ci impantaniamo in mezzo al nulla. Unica possibilità spalare il fango per mezz'ora e spingere sudando come bestie. Fernando Antonio Raposo Mangane, 80 anni, ci aspetta vicino alla strada nazionale. Si ricorda della missione precedente e rivela che da giovane "regulo" appena succeduto al padre, nel 1987, "era mio dovere assistere alla sepoltura del giornalista, sotto il grande albero, a qualche centinaia di metri dalla base della Renamo". Il capo villaggio racconta che Almerigo "era avvolto in una coperta e due soldati hanno scavato dove la terra risultava più morbida. Poi è stato sepolto".
Fernando presenta la "lista" per la cerimonia e per il villaggio: "Cinque litri di vino, una cassa di birre, una di aranciate, una di gin, un sacco di farina e una capretta viva". Una specie di "dazio" africano, che fa parte della tradizione. Il giorno dopo si presenta in uniforme di ordinanza e cappello da ufficiale. L'amministratore della zona di Ndoro, dove parte la pista che porta alla tomba di Almerigo, ci accoglie nel suo spartano ufficio con a fianco la bandiera mozambicana sotto la foto del nuovo presidente, Daniel Francisco Chapo. "Almerigo merita di venire ricordato. È morto per l’Africa - spiega André Chidaco - La popolazione di Sicoche ha protetto il luogo dove riposa. Il governo mozambicano e italiano dovrebbero cercare insieme le iniziative per non dimenticarlo".
Ai piedi dell’albero di Almerigo si prepara la cerimonia tradizionale per gli spiriti della terra. I giovani di Sicoche hanno pulito la radura e inciso il tronco per la targa. Attorno a due piccole buche distinte riempite di gin viene versata la farina. Il capo villaggio più anziano inizia il rituale per ottenere la benevolenza degli spiriti pronunciando antiche frasi. Insieme alla ventina di africani presenti ci inginocchiamo con il "regulo" che dà il ritmo per battere le mani. Le donne intonano un canto e l'atmosfera diventa magica. Come amico di Almerigo devo innaffiare la terra dove è sepolto con vino, gin e aranciata bevendo prima un sorso. Poco dopo comincia a scendere una leggera pioggia, un segno positivo della natura e degli spiriti secondo gli africani. Finito il rito, i capi villaggi mi consegnano la targa per la posa sull’albero di Almerigo. "La guerra civile ci ha diviso, ma siamo tornati uniti e vogliamo continuare a vivere in pace", ribadiscono i due "reguli".
La toccante cerimonia è finita e rimango solo con il videomaker Davide Arcuri, più o meno l’età di Grilz quando ha ripreso l’ultima battaglia, che sta realizzando un documentario sulla missione in Mozambico.
Sotto la targa mi torna alla mente la Pasqua del 1987, sul molo Audace di Trieste con Gian e Almerigo che dice: "Muli facciamo una foto, i tre dell’Albatross assieme. Non si sa mai". Un mese dopo un cecchino lo colpirà con un proiettile alla nuca mentre filmava il suo ultimo reportage, le immagini della sua morte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.