Tassi Usa ancora fermi ma Fed pronta ad agire

L'incognita del debito Powell: "La battaglia contro l'inflazione è lunga. Non pensiamo ad alcun taglio. Semmai ad alzare"

Tassi Usa ancora fermi ma Fed pronta ad agire
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Per la seconda volta consecutiva, la Federal Reserve lascia i tassi inchiodati al 5,25%-5,50%. L'inflazione ancora ben lontana dal target di riferimento, un'economia che «si è espansa a un ritmo sostenuto nel terzo trimestre» (+4,9% il Pil) e un mercato del lavoro dove a fronte di 1,5 posti disponibili c'è solo un lavoratore pronto a farsi assumere, consiglierebbero una risposta elementare: dare un altro giro di vite al costo del denaro. E invece, no. In questo momento, Jay Powell è perfettamente calato nella parte del temporeggiatore. Costretto, suo malgrado, a tener conto delle mosse del Tesoro americano. Janet Yellen ha annunciato ieri che il dipartimento metterà all'asta 776 miliardi di dollari di debito nel terzo trimestre. Si parte col botto, la prossima settimana: 112 miliardi in tre aste. Seppure alcuni analisti mettano in relazione l'ascesa dei rendimenti dei T-bond (il decennale ha di recente sfondato il 5%) con la forza dell'economia e lo stesso Powell abbia detto che il mercato sta svolgendo il lavoro della Fed, altri esperti connettono le tensioni dell'obbligazionario con l'ampia offerta di nuovi titoli che ha portato il deficit dello scorso anno fiscale a quota 2mila miliardi di dollari, ovvero il 7,5% del Pil. Un modo per coprire il gap fiscale. Non a caso, Powell ha detto che «cambiamenti persistenti nelle condizioni finanziarie possono avere implicazioni per l'andamento della politica monetaria».

Ma per quanto la Fed possa ancora pazientare, e seppure la decisione di mantenere lo status quo sia stata plebiscitaria, i nodi presto verranno al pettine. La banca centrale Usa ha infatti lasciato aperta la possibilità ad altri rialzi. Le decisioni future saranno prese «tenendo conto di una serie di dati», si legge nel comunicato, mentre Powell ha ricordato che «la strada verso un'inflazione al 2% è ancora molto lunga», quindi «non stiamo pensando a taglio dei tassi. La domanda è se dovremmo alzare di più».

Secondo il FedWatch Tool del Cme Group, ci sarebbe il 24% di possibilità di una stretta nella riunione del 12-13 dicembre.

I problemi di Powell non sono comunque neanche lontanamente paragonabili a quelli di Evergrande. Lo sviluppatore immobiliare cinese ha infatti proposto ai suoi debitori offshore un nuovo piano di ristrutturazione, offrendo di scambiare le loro obbligazioni con una quota di circa il 30% di ognuna delle due sue controllate quotate alla Borsa di Hong Kong, Evergrande Property Services e Evergrande New Energy Vehicle. I bond holder si ritroverebbero in mano i titoli di due società che hanno perso quest'anno oltre l'80% del loro valore, con la capitalizzazione complessiva crollata a solo 9 miliardi di dollari di Hong Kong (circa un miliardo di dollari).

Oberato da 330 miliardi di dollari di debiti, l'ex colosso del mattone è gravato da oneri scaduti per 280,8 miliardi di yuan (38,4 miliardi di dollari) e da duemila cause legali pendenti per un controvalore di 453,4 miliardi di yuan (62 miliardi di dollari). Per quanto si affanni a restare a galla, Evergrande sembra destinata ad affogare.

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