Si avvicinano i giorni della resa dei conti sulla cessione della rete di Tim. In vista del 18 aprile, infatti, i contendenti di Cdp-Macquarie e Kkr si preparano ad affinare i rispettivi rilanci per strappare il pass e guadagnarsi i colloqui in esclusiva. Sullo sfondo, però, c'è la figura di Vivendi, il socio che controlla il 23,7% di Tim, che valuta l'asset della rete intorno ai 30 miliardi di euro e ben difficilmente accetterà di buon grado un'offerta distante dai suoi desiderata. Il socio francese, che ha già ritirato tutti i suoi rappresentanti dal cda, lancia segnali d'irrequietezza. Infatti se, da un lato, l'ad di Tim, Pietro Labriola, ha assicurato: «Tuteleremo Vivendi e tutti gli altri azionisti», dall'altra Vivendi teme in qualche modo un'imboscata. Ossia di poter essere messa in minoranza durante un'assemblea dei soci ordinaria su un'eventuale proposta dei due contendenti. Qui, infatti, la situazione è sul filo: Vivendi ritiene che la cessione di un asset rilevante come quello della rete debba essere sottoposta a un'assemblea straordinaria, che ha quorum differenti nella votazione e la vedrebbe in una situazione di forza (di fatto il suo voto costituirebbe una minoranza di blocco). Dall'altra, però, nel cda di Tim la decisione non sarebbe ancora stata presa e potrebbe essere affidata dal cda al verdetto di un'assemblea ordinaria, dove la linea di Vivendi potrebbe anche soccombere. Un esempio in tal senso esiste già: ossia l'ok dell'assemblea ordinaria dei soci di Atlantia, che un paio d'anni fa approvò la cessione dell'intera partecipazione in Autostrade per l'Italia al consorzio guidato da Cassa depositi e prestiti.
Alla luce di questa situazione, quindi, Vivendi sta giocando le sue carte. E il no secco al bonus dell'ad Labriola, recapitato attraverso una missiva al cda nei giorni scorsi, potrebbe anche essere letto come un modo per far sentire il fiato sul collo al board. Vivendi, in particolare, ha contestato «la mancanza di risultati e progressi» chiedendo su questa base «miglioramenti nella governance». Inoltre, «l'Ebitda è diminuito, la generazione di liquidità è negativa e la leva finanziaria è aumentata a 5 volte l'Ebitda». Insomma, stando così le cose, non ci sarebbero le condizioni per riconoscere un bonus a Labriola, che nel 2022 ha percepito 3,608 milioni (di cui 1,37 milioni di compensi fissi). Mentre il presidente Rossi ha incassato 600mila euro (solo compenso fisso). I soci si riuniranno il 20 aprile e i francesi hanno già fatto sapere che voteranno contro non solo la politica di remunerazione, ma anche contro la nomina di Paola Bruno, candidata degli investitori istituzionali, e di Franco Lombardi, presidente di Asati, in corsa per sostituire il dimissionario Arnaud de Puyfontaine.
Tornando però al dossier rete, i due contendenti verosimilmente si prenderanno tutto il tempo necessario per i rilanci. Nella prima tornata di offerte, sia Cdp-Macquarie che Kkr avevano messo sul piatto cifre vicine ai 20 miliardi. Ora, secondo le ultime indiscrezioni, entrambi sarebbero alla caccia di corposi finanziamenti per provare a convincere il board di Tim. Secondo le prime ipotesi, faranno rilanci di almeno due miliardi rispetto alle offerte precedenti.
Ma a fare la differenza sarà non solo il valore finale, ma anche come saranno formulate le proposte: insomma, il progetto industriale più convincente. Una volta arrivate le offerte, la palla passerà di nuovo al cda di Tim con i riflettori che si sposteranno verso il prossimo appuntamento in calendario il 10 maggio.
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