Impazza il toto nomine di Unicredit. Ieri il cda è stato aggiornato dal comitato governance guidato da Stefano Micossi sui profili selezionati per il ruolo di ad. La rosa si sta restringendo ma, per la cooptazione in cda del sostituto di Jean Pierre Mustier, ci vorrà ancora tempo. Il d-day dovrebbe essere fissato per il cda del 10 febbraio convocato per l'approvazione del bilancio 2020. In Piazza Affari il titolo ha chiuso la seduta in calo dello 0,8% a 7,96 euro, il 15% circa in meno rispetto all'addio di Mustier.
A correre in pole position per la poltrona di ad, secondo indiscrezioni, sarebbe Andrea Orcel, ex numero uno degli investimenti di Ubs Investment Bank, attualmente in causa con Santander per una assunzione svanita all'ultimo momento. E sarebbero ancora in gara anche Alberto Nagel, appena riconfermato alla guida di Mediobanca e Marco Morelli ex numero uno di Banco Mps, oltre al settebello visto in dirittura di arrivo per la short list e costituito secondo indiscrezioni da Flavio Valeri (ex Deutsche Bank), Fabio Gallia (ex Cdp e Bnl), Tidjane Thiam (ex Credit Suisse) e Martin Blessing (ex Commerzbank e Ubs) e i tre nomi interni (Diego De Giorgi, Carlo Vivaldi e Niccolò Ubertalli). Nella tradizione di Unicredit, tuttavia, non sono esclusi i colpi di scena, come quello che ha portato in autunno alla cooptazione in cda di Pier Carlo Padoan, presidente in pectore della banca.
«Ci auguriamo che il nuovo ad di Unicredit, oltre alla capacità di dialogare con le istituzioni italiane ed europee, sia indipendente dai partiti», sostiene Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi. Una richiesta sollevata anche nei colloqui intercorsi tra i vertici aziendali e i grandi azionisti dell'istituto, il cui capitale è in mano per l'84% a istituzionali (e solo il 7% di questi ha un indirizzo italiano).
In ogni caso «la selezione del nuovo ad dovrebbe essere il primo passo per permettere a Unicredit di uscire dall'impasse strategica che sta penalizzando il titolo», sostiene Banca Imi. A iniziare dall'acquisto-salvataggio di Mps, come chiede il Tesoro (che controlla il 64% di Rocca Salimbeni). A Roma si lavora per alzare la dote di Mps e vincere così le resistenze degli azionisti di Unicredit, compresi quelli italiani come le Fondazioni Cariverona (1,79%), Crt (1,64%) e Leonardo Del Vecchio (1,92%).
Il tema della governance è aperto
anche in Generali dove, secondo indiscrezioni di Bloomberg, si sta lavorando a una riorganizzazione delle prime linee che potrebbe vedere un passo indietro del general manager Frederic De Courtois e del cio Timothy Ryan.
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