Se da un parte negli ultimi mesi di pandemia abbiamo registrato un freno delle lettere del Fisco, altrettanto non si potrebbe dire per l'Inps. Le lettere choc con richieste di restituzioni di ingenti somme ai pensionati non si fermano. Già nelle scorse settimane ci eravamo occupati di alcuni casi per spiegare come muoversi in caso di anomalo "ricalcolo" della pensione o di altri assegni erogati dall'istituto di previdenza sociale. Adesso però vogliamo raccontarvi di altri due casi che hanno riguardato due pensionati che si sono visti recapitare un lettera Inps con richieste di restituzione che vanno da 15mila a 30mila euro. Come ci racconta l'avvocato Celeste Collovati dello studio Dirittissimo, "uno degli ultimi casi che abbiamo seguito ha riguardato la richiesta di restituzione per importi elevati di una pensionata i cui beni sono amministrati dalla figlia; questa signora dopo aver percepito la pensione, ormai trascorsi diversi anni, non ha mai variato il suo reddito, non avendo più lavorato né percepito alcunchè. La richiesta di annullamento della somma di ben Euro 30.000 è stata subito inoltrata al Comitato Provinciale della sede competente, tramite i legali, ed è stata accolta dall’Ente Competente nei tempi di legge".
L'altro caso invece riguarda invece una prestazione assistenziale. Qui la richiesta di restituzione ammontava a ben 15mila euro con prelievo diretto sul rateo della pensione mensilmente. Infatti spesso l'Inps dopo aver inviato la comunicazione di "ricalcolo" dell'assegno passa direttamente alle "maniere forti" con un prelievo diretto sull'assegno. Ed è così che una pensionata dopo la lettera choc da 15mila euro ha registrato sulla sua mensilità un prelievo costante di circa 200 euro.
Occhio alla trappola
In questo caso, come ci spiega Collovati (tuttopensioni@gmail.com), il ricorso portato avanti ha avuto esito positivo: "Un’indennità di accompagnamento a parer dell’Inps non era legittima dopo che era stata erogata per ben due anni, nonostante la signora fosse totalmente priva di capacità motoria e non autosufficiente e nonostante la percentuale di invalidità fosse al 100% come da verbale redatto dall’Inps stesso. Il paradosso è che la prestazione assistenziale è stata confermata proprio dall’Ente stesso!". A questo punto scatta il ricorso: "In tal caso, palesemente ingiusto, la richiesta di annullamento dell’importo di Euro 15.000, è stata accolta e non solo; è stata restituita anche la somma che l’Inps aveva cominciato a prelevare dalla sua pensione dando seguito alla comunicazione di restituzione importi; pertanto, la signora ha ottenuto sia l’annullamento del debito e sia la restituzione di quanto già prelevato circa Euro 200,00 al mese".
Insomma ancora una volta da parte dell'Inps c'è stata la contestazione degli importi. Solo un ricorso ha fermato il prelievo illegittimo. Questo tipo di comunicazioni sono purtroppo comuni e diversi pensionati spesso pagano senza impugnare la decisione dell'ente previdenziale. E su questo punto occorre fare ancora un po' di chiarezza. La procedura per il recupero è regolata dall'articolo 52 Legge 88/1989 e dall’articolo 13 Legge 412/1991.
La posizione del pensionato
Secondo quanto riportano le norme in materia, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. Parole chiare che spiegano qual è la posizione del pensionato.
E così anche la Cassazione è intervenuta nel merito con un verdetto del 2017: "L'ente erogatore, l’Inps, può rettificare in ogni momento le pensioni per via di errori di qualsiasi natura, ma non può recuperare le somme già corrisposte, a meno che l'indebita prestazione sia dipesa dal dolo dell'interessato", ha spiegato la Suprema Corte. Insomma fate molta attenzione alle lettere choc dell'Inps. Prima di pagare meglio controllare le carte e impugnare la decisione dell'istituto di previdenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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