Enav, l'accusa al leader Udc "I soldi della mazzetta destinati a Casini"

La "gola profonda" Di Lernia tira in ballo pure Cesa: "Le mazzette erano per l'Udc". Casini querela: "Chi accusa non mi sembra Santa Maria Goretti". Trappola per svendere Finmeccanica Guarguaglini: mai creato fondi neri

Enav, l'accusa al leader Udc "I soldi della mazzetta  destinati a Casini"

Si mette male, molto male, per Pier Ferdinando Casini, leader di quel partito degli onesti, chiamato Udc, che ha votato sì all’arresto del collega Pdl, Alfonso Papa (che per la Cassazione non andava affatto arrestato) e che adesso annuncia querele dopo aver predicato garantismo «perché chi accusa non è Santa Maria Goretti». E così sia. Si mette male perché a leggere i verbali dei protagonisti dell’affaire Enav-Finmeccanica parecchi denari, sotto forma di mazzette, sarebbero stati destinati a Casini, al segretario Lorenzo Cesa, al «tesoriere» Giuseppe Naro, al referente del partito con lo scudocrociato in Enav, Franco Bonferroni. Si parla di società vicine a Follini e di tanto altro.

MAZZETTA IN VIA DUE MACELLI
Il 27 giugno con i pm l’imprenditore Tommaso Di Lernia va dritto alla tangente per Casini: «Quanto al versamento da 200mila euro (...) Pugliesi mi disse che erano destinati a Casini. Vennero consegnati al tesoriere dell’Udc (Naro, ndr) perché erano assenti sia Cesa che Casini, impegnati in un’operazione di voto, secondo quanto disse il tesoriere medesimo». La strada della presunta tangente Enav parte da lontano. E si incrocia, nei rapporti con Raffaello Rizzo, espressione dell’Ad di Enav, Pugliesi, uomo di riferimento dell’Udc e di Matteoli: «Rizzo era uomo di Pugliesi e il suo ruolo era quello di favorire le imprese che erogavano finanziamenti all’Udc e alla frangia romana, riconducibile all’attuale sindaco, di An», Gianni Alemanno. «Sostanzialmente - continua Di Lernia - tali imprese portavano finanziamenti all’Udc, alle feste del partito a fare delle donazioni».

LA SOCIETÀ VICINA A FOLLINI
Di Lernia spiega poi che se i contributi per An venivano erogati nell’ufficio dell’Ad di Enav («dove gli imprenditori portavano le somme di denaro, e Pugliesi le distribuiva») per il lavori «fatti a Venezia, vennero assegnati a una società che si chiama Costruzioni e servizi, vicina a Follini, all’epoca vice premier». Precedentemente, il 31 maggio, Di Lernia affonda Casini: «Quanto a Pugliesi molte volte mi misi a sua disposizione per il pagamento di somme di denaro e lui ha declinato l’offerta. In un’occasione, nell’ultimo periodo, mi disse di fare un’offerta in denaro presso l’ufficio dell’onorevole Casini, cosa che feci. Mi recai a San Marino, prelevai 200mila euro e dopo essermi incontrato con il Pugliesi mi recai presso l’ufficio dell’onorevole Casini, che ha sede vicino piazza di Spagna». In questi due tragitti «venni accompagnato dalla mia collaboratrice Marta Fincato». Con Pugliesi «fummo ricevuti da persona che mi fu presentata come tesoriere dell’Udc, di cui non conosco il nome». Quel nome risulterà essere quello di Giuseppe Naro. Quanto alla data «può essere ricostruita con certezza sulla base della documentazione del mio conto a San Marino, individuando un prelievo di 200mila euro in quel periodo».

IL PRELIEVO E LE MICROSPIE
Di Lernia snocciola particolari inquietanti, come l’effettuazione di una preventiva «bonifica ambientale» nel partito per trovare microspie. «Ribadisco che il periodo era (...) prima delle ultime elezioni regionali (...). Pugliesi mi chiese tale contributo per la campagna elettorale e insieme ci recammo presso la sede dell’Udc (...). Pugliesi era già sopra, in ufficio al primo piano. Cercai di entrare ma il portiere mi cacciò fuori. Vi fu a quel punto un contatto telefonico con Pugliesi (...) che venne a prendermi al portone, mi portò su dove incontrai una persona che era il tesoriere dell’Udc. Si trovava in un ufficio diverso dal solito, perché stavano effettuando delle bonifiche ambientali in quello suo proprio». Nel successivo interrogatorio, del 12 settembre scorso, Di Lernia tira in ballo il consulente di Finmeccanica Lorenzo Cola, il quale «per verificare la bontà delle cose che gli dicevo sull’erogazione di denaro chiese a Pugliesi se era andato a buon fine l’operazione di consegna di denaro all’Udc, ed egli rispose affermativamente, ringraziando».

BACCINI E LA «CHORUS»
A proposito dell’Udc, il superconsulente Cola, il 24 agosto scorso, oltre a «Brancher, Gasparri o La Russa e un uomo della Lega», inserisce «al tavolo delle nomine» anche il segretario Cesa. «Quanto ai riferimenti politici dei soggetti che si sono succeduti (...) in Enav. Pugliesi è sempre stato in quota Udc, originariamente riferibile a Baccini. Devo aggiungere che dentro Finmeccanica il riferimento è Franco Bonferroni, deputato ancora non confermato nel ruolo di cda Finmeccanica Holding». Di più. Il primo settembre Cola fa cenno «a una società con cui si realizzavano tali meccanismi (di sovrafatturazione, ndr), era la Chorus, riconducibile all’Udc, nella quale lavorava tale Metrangolo, vicino al Borgogni, che prima lavorava in Enav e poi in Finmeccanica». Cola poi fa il nome di Bonferroni, quale destinatario ultimo di provviste di denaro passate per il duo Prudente-Borgogni che gestiva il rapporto con i referenti istituzionali. «Effettivamente in quella circostanza (un incontro nell’ufficio di Borgogni, ndr), fu Borgogni a presentarmi l’onorevole Bonferroni, in tale qualità mi fu presentato, tra l’altro membro del cda di Finmeccanica, a cui consegnammo personalmente circa 300mila euro che mi erano stati dati da Prudente (...)». E ancora «la consegna di somme di denaro a Bonferroni è avvenuta all’inizio del 2008 quando portai 300-350mila euro in contanti che mi furono consegnati da Iannilli e che provenivano da sovrafatturazioni di società che lavoravano con Selex, delle quali Iannilli era formalmente il commercialista (...). In sintesi Borgogni mi aveva fatto la richiesta di denaro, io la girai a Iannilli, che preparò il contante e me lo fece trovare in una busta nella mia auto guidata dal mio autista».

ALTRI 300MILA PER L’UDC
Posto che Bonferroni all’epoca non era parlamentare Udc, Cola ribatte così ai pm: «Per noi Bonferroni era espressione dell’Udc. Credo ancora tesserato dell’Udc e che comunque per noi costituiva un preciso riferimento politico». L’8 settembre Cola dà riscontro preciso alle dichiarazioni di Di Lernia e riferisce dell’erogazione «di circa 150mila euro (non sono sicuro della cifra) fatta da Di Lernia verso l’Udc in via Due Macelli alla presenza di Pugliesi. Pur non avendo direttamente assistito alla consegna, la circostanza della richiesta di Pugliesi mi fu comunicata da Di Lernia, che aveva intenzione di adempiere, e poi mi fu confermata direttamente da Pugliesi. Devo dire che me ne parlò anche Iannilli». Quest’ultimo, il 6 settembre, conferma: «(...) quando consegnai a Di Lernia 300mila euro, su indicazione di Cola parte dell’acconto dovuto a Pugliesi (complessivamente 600mila euro) la cui quota parte, nella misura di 300mila euro avrebbe dovuto essere consegnata al partito di riferimento di Pugliesi, l’Udc». Prima ancora di costituire il punto di riferimento dell’Udc, Pugliesi - si legge nella richiesta di arresto del pm - deve la vicinanza agli ex dc «fin dai suoi primi passi nella qualità di amministratore nelle Asl romane».

«I COMPITI». SOLDI PER TUTTI
Sempre a detta di Cola tutta la politica veniva foraggiata in nero. «Guarguaglini autorizzava tali operazioni, ovviamente non caso per caso. Borgogni aveva un’investitura ad effettuare questo tipo di operazioni per conto del gruppo da parte di Guarguaglini. Di esse occasionalmente egli aveva specifica notizia (...) Lui, Borgogni, lo sapeva e gestiva un livello superiore di pagamenti, ossia quello destinati ai politici. Che io sappia Guarguaglini non aveva contezza di questo sistema illecito. Non ho mai parlato esplicitamente di tangenti con lui. Non avevo mai argomenti specifici di discussioni di tal natura con Guarguaglini, anche perché il suo interlocutore naturale era Borgogni. Nelle nostre discussioni, tale attività di sovrafatturazione e di pagamento di tangenti veniva definita “fare i compiti”. Locuzione che serviva per definire anche l’attività di mettere a posto le carte per evitare si scoprissero i fatti illeciti che intervenivano». Se Guaguarglini non prendeva soldi, non li percepiva nemmeno la moglie, Marina Grossi, Ad di Selex che però «aveva perfetta contezza del sistema delle sovrafatturazioni» destinate a pagare tangenti: «È un sistema che ha ereditato e che ha continuato a realizzare. Quanto a Borgogni gestiva un livello superiore di pagamenti destinato ai politici. Il pm, preso di mira al telefono perché in una chiacchierata di Pugliesi si sente l’interlocutore dire che «Ielo pensa di fare il milanese ma a Roma le cose si fanno alla romana, o si calma o lo calmano», trascrive un’intercettazione cruciale per l’inchiesta «laddove si evince con solare evidenza che il ruolo di Borgogni dentro Finmeccanica fosse anche quello di occuparsi di contribuzioni illecite al sistema dei partiti».

«MAREMMA PUTTANA, MARCO»
Si tratta di finanziamenti al Pdl, attraverso una società esterna, che il pm Ielo si preoccupa di non confondere con erogazioni al Pd perché in quest’intercettazione i due parlano di «un offerta al partito a Milano, del Pd...credo sia una cosa del Pdl». Annota il pm: «Carattere di illiceità che emerge anche dalla reticenza e dal fastidio (“Marco, maremma puttana, Marco”) manifestanti nella conversazione di Borgogni il quale sa, o presume, di essere intercettato».

MATTEOLI E LA CRESTA
Di Lernia e Cola tirano dentro anche l’ex ministro Matteoli per i suoi rapporti con l’azienda Optimatica. Il primo spiega che la società «è vicina a Matteoli, credo che eroghi finanziamenti alla fondazione a lui riconducibile» ed è grazie a questi rapporti che Pugliesi si garantisce, dice di Lernia, la sua riconferma all’Enav. Il secondo, invece, a proposito di Matteoli rivela prima che Tremonti, con un accordo, gli aveva dato carta bianca per le nomine all’Enav, e poi riferisce dei rapporti «particolari» con Gigi Martini, ex giocatore della Lazio e deputato di An, al vertice di Enav. «Tra Matteoli e Martini vi è un fortissimo legame, secondo quanto mi è stato detto da Borgogni, grande amico di Martini, con il quale Borgogni condivideva la persona che faceva la gestione patrimoniale di un suo conto in Svizzera. Poi entrambi i conti vengono oggi da Mongello seguiti nel trasferimento alla gestione patrimoniale di Prandi (Corrado, operatore finanziario di fiducia di Cola, ndr). In particolare, a oggi, Prandi gestisce per Borgogni circa 4 milioni e mezzo di euro (da lui scudati su mio suggerimento), per Martini circa 2 milioni». Interrogato l’11 gennaio Borgogni racconta che su richiesta del presidente dell’Enav Martini, fece assumere la figlia dell’ex deputato di Forza Italia, Ilario Floresta in una delle società del gruppo. Floresta, a detta di Cola, veniva remunerato nella sua qualità di componente del Cda di Enav «perché le sue determinazioni fossero favorevoli a Finmeccanica Selex». Nella richiesta del pm si fa riferimento alla cessione della società Simav, dalla quale «Borgogni ricava una cresta di un milione e 200mila euro per sè e altrettanto per Martini». E infine. Di Lernia spiega perché Enav affidò i lavori a Optimatica accennando ad «un incontro all’Harrys Bar in via Veneto tra Matteoli, Pugliesi e Tulliani di Optimatica» e all’assunzione del figlio di Matteoli in Alitalia.

I DUE MILIONI DI ITALBROKER
Parlando dei suoi conti milionari Borgogni spiega ai pm che quando arrivò in Finemccanica venne contattato dall’Italbroker, società assicurativa vicina ai Ds e ai dalemiani genovesi, «che in cambio del mantenimento della copertura assicurativa che aveva in Finmeccanica mi riconobbe un compenso, dapprima versatomi attraverso il conferimento di una partecipazione nella società, e quindi in denaro: la somma liquida versatami ammonta a due milioni di euro».

DOSSIER CONTRO L’AD DI ENAV
Nel gioco delle nomine i colpi bassi si sprecano.

Cola riferisce di un tentativo di screditare l’Ad Pugliesi: «Borgogni minacciò di pubblicare un dossier su Pugliesi redatto da Rizzi, operazione sulla quale io dissi a Borgogni che non era il caso di scendere a questi livelli».

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