Entro l’anno la legge sul testamento biologico

A tirare fuori eutanasia e testamento biologico dal vaso di Pandora dove erano stati rinchiusi dopo il caso-Welby è stata la pronuncia dei giudici della Corte d’appello civile di Milano, che, dopo una sentenza della Cassazione, hanno stabilito che l’alimentazione forzata per Eluana Englaro, in stato vegetativo dal 1992, può essere interrotta.
Una decisione, quella presa lo scorso 9 luglio dai magistrati, che ha subito riacceso le polemiche fra i sostenitori della «morte dolce», che l’hanno vissuta come una vittoria, e coloro che invece la ritengono «un insulto all’importanza della vita». Un partito che in prima linea vede il vescovo Rino Fisichella, presidente della Pontificia accademia per la vita, che subito dopo la sentenza ha parlato di «decisione abnorme, sia perché Eluana è una persona ancora in vita sia per come il giudice si è sostituito al legislatore». Una critica che la magistratura di Milano ha ritenuto infondata: «Abbiamo solo stabilito che un paziente che non è più in grado di difendersi - ha spiegato il giudice Amedeo Santosuosso - possa dire basta ai trattamenti medici».
Chi non ha accettato l’intervento dei giudici è stato il Senato, dove il Pdl ha presentato una mozione, per sollevare davanti alla Corte costituzionale un conflitto di attribuzione, ritenendo che la magistratura si stesse sostituendo al potere legislativo. Nel frattempo, migliaia di persone hanno aderito alla manifestazione lanciata da Giuliano Ferrara sulle pagine del Foglio e hanno depositato sul sagrato di piazza Duomo a Milano una bottiglietta d’acqua ciascuno, per testimoniare la volontà di non lasciar morire di sete Eluana.
Fra chi invece vorrebbe che la sentenza dei giudici di Milano fosse subito eseguita spiccano i Radicali, da sempre impegnati in questa battaglia. E se in un primo momento era prevalsa la gioia «per una sentenza inaspettata che rispetta la volontà di Eluana», poi ha avuto il sopravvento «l’amarezza per lo stop arrivato dalla politica», come ha dichiarato la deputata del Pd (ma in quota radicale) Maria Antonietta Coscioni. Che avendo vissuto una situazione simile col marito, Luca Coscioni che, malato di sclerosi laterale, rifiutò di farsi collegare al respiratore morendo, ha subito presentato una mozione «affinché il Parlamento legiferi sul problema del testamento biologico».
Un problema che ha trovato il Pd diviso al suo interno, con l’anima diessina e laica disposta a mettere mano a una legge che consenta di lasciare disposizioni sulla propria sorte in caso di incoscienza irreversibile, contrapposta all’anima diellina, che è assolutamente contraria. Una spaccatura che al momento del voto in Parlamento sul conflitto d’attribuzione si è tradotto in una non partecipazione al voto. Salvo poi presentare una mozione, accettata anche dalla maggioranza, che impegna le Camere a produrre una legge sul testamento biologico «entro la fine dell’anno».
«È bene che il Parlamento ne discuta - ha detto dal meeting Cl Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera ed esponente del Pdl - perché la sentenza della magistratura, anche per chi come me la trova inconcepibile, ci mette di fronte all’obbligo di colmare questo vuoto legislativa». Gli fa eco il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella: «Dopo la sentenza qualcosa bisogna fare - ha spiegato - Mi pare incredibile che per far morire una persona bastino testimonianze su dichiarazioni di molti anni fa e non serva niente di assolutamente certo».
Un’apertura che è stata apprezzata sia dai favorevoli all’eutanasia sia dalla Chiesa, pure se con toni diversi.

Se infatti Fisichella ha detto che «quando la società si pone nuovi problemi, lo Stato deve farsene carico e legiferare a riguardo», la Coscioni ritiene che le «promesse di discuterne in Parlamento siano le benvenute, purché si prenda atto che bisogna partire dal rispetto della volontà del malato e purché i deputati entrino in sintonia col Paese, e tengano presente sondaggi come quello della Swg, dove l’81% degli interpellati si è detto favorevole all’interruzione delle cure in un caso come quello di Eluana».

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