Eolica o solare le falsità sull’energia

Una sessantina di scienziati fra cui Umberto Veronesi, Franco Battaglia, Tullio Regge e Silvio Garattini, dell’Associazione «Galileo 2001» hanno inviato una lettera aperta a Ciampi sulla politica energetica in Italia. Noi sottoscritti, fondatori della Associazione Galileo 2001, per la libertà e dignità della Scienza, sentiamo il dovere di sottoporre alla Sua attenzione la difficile situazione energetica che penalizza il nostro Paese; una situazione figlia di alcune scelte irresponsabili e di lunghi anni di scarso interesse politico e di disinformazione mass-mediatica. Circostanza ancora più grave è il fatto che si prospettano oggi ai cittadini soluzioni immaginifiche e in aperto contrasto con le conoscenze economiche, scientifiche e tecnologiche, allontanando così le scelte dotate di prospettive concrete. Non crediamo di fare retorica nel sostenere che l'energia è il nutrimento della civiltà e che senza energia e senza un suo impiego oculato una civiltà può solo scomparire: più precisamente, non la produzione d'energia, ma la disponibilità di energia, abbondante, economica, sicura e amministrata con competenza, è una condizione essenziale per il benessere e lo sviluppo di un Paese, ed è ciò che genera competitività e occupazione e, conseguentemente, progresso civile. A causa dell'elevata dipendenza energetica (importa oltre l'80% dell'energia primaria che consuma) e del conseguente elevato costo dell'energia (quella elettrica, al netto delle imposte, costa agli italiani quasi il 40% in più rispetto alla media europea), l'Italia sta perdendo terreno nel confronto economico con i partners europei, assieme ai quali dovrebbe invece perseguire una più armonica strategia energetica comune: 1. Oggi, il cittadino spagnolo usufruisce del 10% in più d'energia primaria rispetto al cittadino italiano, l'inglese del 25% in più, il francese del 40% in più e il tedesco arriva al 65% in più. Simili percentuali valgono anche per la sola energia elettrica: rispetto al cittadino italiano, si va dal 10% in più utilizzati dal cittadino spagnolo al 55% in più utilizzati dal tedesco. 2. L'Italia è il Paese europeo con la maggiore produzione d'energia elettrica da gas naturale e petrolio - fonti costose e inquinanti - e con la maggiore importazione diretta d'energia elettrica (51 miliardi di chilowattora nel 2003, contro i 2 miliardi di kWh che importò il Regno Unito, 1 miliardo di kWh che importò la Spagna, e i 10 e 66 miliardi di kWh che esportarono, rispettivamente, la Germania e la Francia); circostanza, questa, che crea anche rischi alla sicurezza dell'approvvigionamento, come i black-out del recente passato hanno evidenziato. 3. La totalità dell'energia elettrica importata in Italia proviene dalle centrali nucleari d'Oltralpe. Mentre - giova ricordare - nel 2003, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna produssero, rispettivamente, 420, 157, 85 e 60 miliardi di KWh elettrici dagli oltre 100 reattori nucleari in esercizio in quei Paesi. A fronte di questa situazione oggettiva e dell'urgenza di un'azione, vi sono responsabili politici e organi d'informazione che vanno diffondendo l'illusione che sia seriamente possibile affrontare il dissesto energetico facendo ricorso alle varie nuove forme di sfruttamento dell'energia solare rinnovabile: l'eolica, la solare termica o fotovoltaica, e i biocombustibili (che sono, tutte, forme dirette o indirette d'energia dal sole). Oppure, facendo ricorso a tecnologie futuribili, oggi prive di prospettive di concreta realizzabilità sia nel breve che nel medio termine. Noi riteniamo che i cittadini debbano ricevere piena informazione, fornita con onestà e senza pregiudizi ideologici: essi devono conoscere le conseguenze, per sé e per i propri figli, delle scelte adottate in tema di politica energetica e, soprattutto, non devono essere illusi con promesse che la scienza più accreditata e la tecnologia più avanzata non possono contribuire a sostenere. Ferma restando la sua capitale importanza in tutti i processi vitali, per i bisogni energetici dell'umanità l'energia solare rinnovabile, in tutte le sue varie forme, non è certamente l'energia del presente: essa ha soddisfatto il 100% del fabbisogno umano dalla notte dei tempi fino a un paio di secoli fa, mentre oggi il contributo energetico dal sole, se si esclude la fonte idroelettrica, è - in Italia come nel mondo - inferiore all'1%. Né si vedono ragioni per ritenere che nel futuro l'energia solare possa dare contributi sostanziali: in particolare, è improbabile, se non illusorio, che le forme d'energia solare diverse da quella idroelettrica possano offrire contributi veramente significativi al fabbisogno energetico del nostro Paese. La fonte eolica lo ha già dimostrato nel Paese - la Germania - che più d'ogni altro v'ha investito: assai modesto è infatti il contributo elettrico che proviene dalle più di 15.000 turbine eoliche ivi installate: circa 3% dall'eolico contro il 30% da nucleare (la cui potenza installata è, in Germania, quasi uguale a quella eolica). Il solare termico produce solo aria o acqua calda, e a questo scopo il mondo usa meno del 10% dell'energia che consuma, di cui la porzione maggiore è consumata dalle zone che meno possono servirsi del solare termico; e, infatti, esso contribuisce nel mondo per meno dello 0,001%, anche perché è molto più conveniente utilizzare l'energia dalla rete del gas o elettrica cui ogni edificio deve comunque essere connesso. Quanto al solare fotovoltaico, per produrre con questa tecnologia meno dell'1% dell'energia elettrica consumata dagli italiani, i soli pannelli fotovoltaici (senza installazione, trasformatori, ed eventuali accumulatori) costerebbero la proibitiva cifra di più di 10 miliardi di euro, e vi sono valide ragioni tecniche per dubitare che questi costi possano significativamente abbattersi. Il Paese va anche chiaramente informato sulle reali prospettive dei biocombustibili: quando si tenga conto dell'energia necessaria nei processi agricolo e industriale per produrli, l'energia netta da essi ottenuta è di modesto rilievo. In ogni caso, assumendo le più favorevoli condizioni, per risparmiare meno del 5% del solo petrolio che consumiamo, bisognerebbe coltivare a biomassa l'intera superficie della pianura padana (oltre 45.000 kmq). Il mondo produce oggi da tutte le nuove fonti rinnovabili messe insieme - geotermia, rifiuti, biomassa, eolico e solare termoelettrico e fotovoltaico - meno del 2% dell'energia elettrica che consuma. Quanto a produzione da queste fonti, l'Italia è già al terzo posto in Europa con 11 miliardi di kWh prodotti nel 2003 (il 10% dell'intera produzione europea da queste fonti); nonostante ciò, l'energia elettrica così prodotta copre meno del 4% dell'energia elettrica consumata dal Paese. La fusione nucleare e l'idrogeno, spesso citate come tecnologie a portata di mano, sono ancora allo stato potenziale. La prima è tuttora limitata allo stadio di ricerca con prospettive a lungo termine. Quanto all'idrogeno - che non è una fonte d'energia perché esso non esiste sulla Terra nella forma utilizzabile come combustibile - la sua produzione richiede una quantità d'energia molto superiore a quella da esso ricavabile, e per questa ragione il suo utilizzo su larga scala è vincolato anche alla disponibilità di energia abbondante, economica e sicura. Oggi, quella disponibilità alternativa alle fonti fossili - inquinanti e sempre più costose - è offerta solo dalla tecnologia nucleare da fissione. Una tecnologia ormai ben collaudata, che trova largo e sicuro impiego nella maggior parte del mondo industrializzato, e che non può pertanto continuare ad essere esclusa dalle strategie energetiche del nostro Paese. Teniamo a precisare che con questa nostra critica noi non proponiamo di sospendere, fermare o rallentare le ricerche sulle energie rinnovabili; ricerche che potrebbero portare, in un futuro pur lontano, alla scoperta, che nessuno può naturalmente escludere, di nuovi metodi d'impiego di queste forme d'energia. Questa nostra critica invita solo a non alimentare speranze, vicine o illusorie, sulla soluzione di quel grande problema che è la situazione energetica del Paese e che ha bisogno di essere responsabilmente affrontato.

Le chiediamo pertanto, Signor Presidente, di farsi promotore - nei modi che vorrà considerare più adeguati - di azioni che consentano la diffusione di quella informazione franca e trasparente che è condizione necessaria perché un Paese possa dirsi veramente democratico. Seguono 61 firme

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