Como - «È il momento di far affiorare sulle nostre labbra una parola che fino ad oggi è rimasta sospesa in quest'aula: ergastolo». Sono le 9 e 19 minuti. Comincia così la sua requisitoria il pubblico ministero Astori. L'inizio di «un viaggio nell'orrore - per citare testualmente le sue parole - che porterà la Corte d'assise di Como a ripercorrere, passo dopo passo, minuto dopo minuto, uno dei più feroci se non il più feroce crimine della storia».
E quella parola, ergastolo, tornerà puntualmente sulle labbra del magistrato che ha condotto l'inchiesta sulla strage di Erba, sette ore dopo. Al termine di quell'agghiacciante viaggio. Quando l'ex casa del ghiaccio, come era chiamata la corte di via Diaz a Erba, dopo che qualcuno ha staccato il contatore dei Castagna per agire nelle tenebre diventa la casa del buio, il buio maligno del romanzo di Stephen King e Peter Straub.
Quando tutti noi, che abbiamo ascoltato quella requisitoria, è come se, all'improvviso, ci ritrovassimo imbrattatati dagli stessi schizzi di sangue di quella sera dell’11 dicembre 2006. Feriti da quelle stesse coltellate, frastornati da quelle stesse sprangate (76 colpi in tutto), dalla stessa, spietata determinazione e premeditazione di quella coppia luciferina, Olindo Romano e Rosa Bazzi, rinchiusa nella gabbia degli imputati. Schiacciata da un montagna di indizi, dalla loro confessione, anche se poi maldestramente ritrattata, e quindi messa definitivamente all'angolo dal riconoscimento in aula dell'unico sopravvissuto a quella strage, Mario Frigerio.
Ergastolo perché, sono le parole di Astori «Se è vero come qualcuno ha detto che Caino domina il mondo io consiglio di rileggere gli atti di questo processo. Perché in questo processo si vede la ferocia. E a questa ferocia va risposto con l’ergastolo». Ergastolo e tre anni di isolamento diurno, il massimo della pena prevista dal nostro ordinamento giuridico, perché non vi è alcun dubbio «anzi vi è sovrabbondanza di prove - dice il pm - che Olindo Romano e Rosa Bazzi abbiano assassinato Raffaella Castagna, sua madre Paola Galli, il piccolo Youssef, la vicina di casa Valeria Cherubini». Non un gesto di stizza da parte degli imputati, nemmeno quando il pubblico si lascia andare in un applauso liberatorio alla richiesta di una condanna esemplare per quei vicini che non sopportavano sopra le loro teste il minimo rumore.
Nemmeno, vien da immaginare, riascoltando i loro interrogatori, il frastuono che può fare un orsetto di peluche che sfugge dalle manine di un bimbo e cade sul pavimento. Sì di un bimbo come Youssef sgozzato sul divano dove aveva cercato rifugio, e viene trovato dal medico legale completamente dissanguato. «Non scorderemo mai - commenta Astori - l'immagine di Rosa Bazzi che mima il modo con cui ha ucciso quel bimbo».
«C'è qualcosa di primitivo, di primordiale in quest’orrore pianificato - aggiunge il magistrato alternando gli audio di alcune deposizioni degli imputati - c’è la voglia di far pulizia per difendere il proprio territorio.
C'è la geografia di un piano preordinato nel minimo dettaglio che si rafforza quando i due che vivono in simbiosi, in un mondo direi autistico, scoprono che insieme possono anche far parte di un circolo esclusivo che sa uccidere e può uccidere non solo le vittime designate Raffaella, sua madre e il bimbo ma anche dei vicini in cui si imbatte per caso. C'è la forza di cambiarsi d'abito, lavarsi le mani, andare a mangiarsi un panino in un fast food e tornare a casa a godersi lo spettacolo della loro pulizia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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