Gli esperti Aiea non hanno dubbi «Teheran mente sul nucleare»

Gli uomini di El Baradei denunciano la reticenza dell’Iran manifestata in più occasioni. Oggi gli ayatollah a Mosca: Putin è ottimista sull’esito del negoziato

Marcello Foa

Loro non hanno più dubbi e lo dimostrano in un rapporto di undici paginette fitte, fitte: l’Iran non dice tutta la verità sul programma nucleare. Loro sono gli esperti dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea), diretti dal Premio Nobel per la pace Mohamed El Baradei, uno scienziato che ai tempi della guerra in Irak non esitò a mettere in dubbio le accuse di Bush sulle armi di distruzione di massa a Saddam Hussein e che, proprio per questo, ora viene ritenuto un esperto imparziale e attendibile. In Irak sappiamo com’è andata a finire, ma ora il problema è Teheran ed El Baradei avvalora i dubbi di Washington e dell’Unione Europea.
Nella relazione, pubblicata ieri, l’Aiea rivela che gli iraniani hanno accelerato i piani di sviluppo nucleare e che nel 2006 intendono iniziare a installare nell’impianto di Natanz tremila centrifughe, oltre alle duecento di cui già dispongono, per arricchire l’uranio su scala industriale. E se si considera che per produrre una bomba atomica sono sufficienti 1.500 centrifughe, come spiegato recentemente dall’Istituto internazionale di studi strategici, appare evidente la ragione dell’inquietudine occidentale.
L’Aiea denuncia la reticenza di Teheran. I suoi esperti hanno chiesto chiarimenti su alcuni aspetti tecnici, ma hanno ricevuto risposte vaghe o parziali. Hanno sollecitato incontri con specialisti iraniani, ma il permesso è stato negato. Hanno domandato di poter leggere documenti riservati, ma gli archivi sono rimasti chiusi. L’Agenzia internazionale, che ha sede a Vienna, non ha trovato la «pistola fumante», ma i dubbi sono tanto numerosi e circostanziati da giustificare il deferimento dell’Iran al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che verrà formalizzato il 6 marzo durante la riunione plenaria dell’Aiea.
Accuse pesanti, quelle di El Baradei, mentre Teheran continua con il suo estenuante tira e molla diplomatico. Ieri il presidente del Consiglio Supremo per la sicurezza iraniania Ali Larijani, ha dichiarato di essere pronto a parlare direttamente con gli Stati Uniti «se gli americani si dimostreranno onesti e Bush rinuncerà alle sue arringhe». Una «boutade», l’ennesima. Più chiaro il ministro degli Esteri Manusher Mottaki, che, in visita a Tokio, ha annunciato che il suo Paese non interromperà l’arricchimento di uranio anche se si raggiungesse un accordo con la Russia. E proprio al Cremlino si capirà quanto serie siano le intenzioni di Teheran, che domenica ha annunciato «un’intesa di principio» con Mosca. Putin ieri sera si è detto ottimista sulle chance di successo dei colloqui di stamattina, ma i suoi esperti sono molto più cauti: ogni volta che i negoziati entrano nel dettaglio gli iraniani diventano sfuggenti con mille pretesti; segno che non sono intenzionati ad accettare che l’uranio delle centrali russe venga arricchito in Russia o perlomeno che intendono guadagnare altro tempo.
Ma con il tascorrere delle settimane, aumenta la determinazione della comunità mondiale.

Incontrando il segretario generale dell’Onu Kofi Annan, il presidente francese Chirac ha ribadito che «l’Iran può avere accesso al nucleare civile, ma nel rispetto delle esigenze della non proliferazione»; dunque sì alle centrali, no all’atomica. Ancor più esplicito l’ambasciatore statunitense all’Aiea, Gregory Shulte, secondo cui il programma di Teheran «non è pacifico»: gli ayatollah «non hanno intenzioni innocenti»

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