Tra "essere" e "malessere" meglio essere (qualcun altro)

Nei racconti, ci sono il genio linguistico e l'umanità ferita ma non disillusa dello scrittore milanese

Tra "essere" e "malessere" meglio essere (qualcun altro)

Lo scrittore Andrea G. Pinketts ha sempre sostenuto di avere il senso della frase e per tutta la sua carriera ha dimostrato di avere una capacità pirotecnica nell'uso delle parole, non solo sapeva sceglierle ma sapeva anche inventarle, pilotarle, giostrarle. Vero e proprio equilibrista delle costruzioni retoriche, giocoliere e funambolo delle metafore, spesso è stato per questo paragonato al francese Frédéric Dard, autore della fortunata saga del commissario Sanantonio. Ma Pinketts è stato anche un grane ideatore di storie e nei racconti si è spesso sbizzarrito, partecipando ad antologie collettive o costruendone di personali. È stato l'unico ad essere coinvolto sia nella Scuola Milanese dei Duri sia in quella dei Cannibali perché il suo stile poteva assumere più forme.

Per riscoprire le sue qualità di abile autore di racconti HarperCollins ripubblica ora (dopo aver già ristampato i romanzi Lazzaro, vieni fuori, Il vizio dell'agnello, Il senso della frase, L'assenza dell'assenzio, Nonostante Clizia, Fuggevole Turchese) due collezioni di storie uniche: Io, non io, neanche lui e Il dente del pregiudizio. I due volumi sono curati come sempre dallo scrittore Andrea Carlo Cappi, amico fraterno e compagno di strada di Pinketts per tanti anni che nell'introduzione al primo dei due tomi spiega: «Io, non io, neanche lui, pubblicato nel 1996, è il primo libro di Andrea G. Pinketts ad adottare la formula del romanzo di racconti, molto simile a quella del concept album della musica degli anni Settanta: non si tratta di storie brevi scelte a caso dalla vasta produzione dell'autore, bensì di opere rigorosamente collegate l'una all'altra da un filo conduttore: in questo caso, gli incontri con la dottoressa B». Questa scelta psicanalitic-noir comportò una selezione specifica delle storie. Vennero così esclusi parecchi racconti, soprattutto quelli con protagonista lo stesso Andrea G. Pinketts che amava trasfigurarsi nel personaggio di Lazzaro Sant'Andrea costruendo una sorta di «parodia del classico detective della letteratura hardboiled». La prima di queste storie escluse è Ah, sì? E io lo dico a Pinketts! che vinse il Gran Giallo Città di Cattolica in occasione del MystFest del 1984, permettendo allo scrittore milanese una lunga e proficua collaborazione con Il Giallo Mondadori. I romanzi sono spesso condizionati dalla narrazione autobiografica trasformata in letteratura. I racconti invece hanno uno schema molto più libero e possono assumere i toni della commedia, del noir, dell'horror, della favola, persino del reportage. Come chiarisce Cappi si tratta di scatti, istantanee di pregevole efficacia che fotografano momenti diversi, ad esempio «l'esperienza come fotomodello degli anni Ottanta nel racconto eponimo che chiude la raccolta, anche se proprio non mi risulta che Andrea G. Pinketts fumasse spinelli». Poi c'è il presente di allora «con la Milano di Tangentopoli rivelata dall'inchiesta Mani Pulite del 1992, riconoscibile ne La signorina e l'accalappianani; ma anche con la tematica dei serial killer esplosa negli anni Novanta, richiamata da Il punto di vista del licantropo e La bestia e la bestia». E c'è persino il futuro «dato che il Golem citato in E le stelle stanno a sparare (una sorta di C'era una volta in America astrologico milanese) tornerà come Golem goleador in una canzone scritta da Pinketts con Alberto Azarya in arte Maestro Zac nel 2013; mentre in Indigestione di sconosciuto si menziona una danzatrice di nome Clizia, nome associato negli anni Ottanta a Clizia Gurrado, autrice del libro di culto Sposerò Simon Le Bon, molto prima che nel 1998 presentassi a Pinketts la Clizia di Nonostante Clizia».

La varietà di questa selezione permette di assaggiare i vari stili di Pinketts e non è casuale che alcune delle storie contenute in questa antologia siano state poi trasformate in fumetti nel volume I vizi di Pinketts pubblicato dalle edizioni Punto Zero. «Se nei romanzi lo scrittore può ancora essere ricondotto alle etichette di giallo e noir - spiega Cappi - nei racconti è in realtà ancora più libero, muovendosi verso il territorio crudelmente surreale e amaramente satirico che già si scorge nelle indagini di Lazzaro Santandrea. Il discorso riguardante le categorie letterarie fatto da Pinketts nell'articolo su Ruth Rendell può essere applicato a lui per primo. Così come la sua definizione del poeta maledetto, colui che traccia con un temperino un cuore sulla corteccia di un albero da cui pende un impiccato». Quelle che legge il lettore non sono così semplici sedute psicanalitiche ma vere e proprie novelle che Pinketts intona con toni alla Poe, alla Boccaccio, alla Bukowsky e che ci mostrano la sua capacità camaleontica di espressione. Il libro inizia con riflessione importante che ci spiega il motivo delle sedute alle quali assisteremo e da un senso esistenziale alle varie peripezie che seguiremo: «Amleto aveva torto, marcio. Come il regno di Danimarca. Il problema non è essere o non essere, il problema è essere o malessere. Sembra facile scegliere. Chi è quel fesso che sceglierebbe consapevolmente malessere? La cosa si complica. Gli esseri (ci risiamo) sensibili provano inevitabilmente il malessere. Un disagio orripilante, come avere una murena che divora un pulcino all'interno del tuo stomaco. Dunque, l'unico modo per non provare malessere è sì essere, ma essere qualcun altro». Pinketts sublima qui la scelta di interpretare vari personaggi nella sua vita, in maniera sempre credibile.

Non a caso davanti al trapano del dentista Elio Marino, nell'altra raccolta Il dente del pregiudizio, Pinketts svela alcune sue esperienze vissute per strada assumendo vari tipi di identità, sempre desideroso di affrontare e prendere a pugni i pregiudizi comuni. Come evidenzia Andrea Carlo Cappi «nel suo lavoro per Esquire e successivamente per Panorama, tra gli anni Ottanta e Novanta, Pinketts si prende la briga di veri care in prima persona i pregiudizi della città, della gente, della società. Lo vediamo in appendice con Nero su bianco, in cui osserva una Milano ancora poco interrazziale, e con Al diavolo i bambini, in cui indaga sulla realtà dei satanisti, in una vicenda di cui si è parlato nella prefazione a L'assenza dell'assenzio. Pinketts è eticamente corretto e per questo, quando occorre, politicamente scorretto Fingere che non esistano pregiudizi è il modo migliore per lasciar proliferare le persecuzioni. Perciò, nelle sue inchieste Pinketts diventa barbone, negro, handicappato per scoprire ciò che altri vivono sulla propria pelle più o meno colorata, evidenziare le barriere architettoniche e mentali, e porvi fine con estremo pregiudizio (termine politicamente corretto per eliminare, in uso nei servizi segreti americani, reso celebre da Apocalypse Now).

Non si può accettare la discriminazione, se si è cresciuti leggendo tra le righe di Tex o Capitan America; non si può essere razzisti, se si è amato il cinema della blaxploitation, dal cui pilastro Shaft Pinketts riprende la metafora del caffè nero e della tazzina bianca».

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