Atene pronta al voto È arrivata l’ora di comunisti e neonazi

Nei sondaggi ultrasinistra al 20 per cento e due partiti dell’estrema destra verso il Parlamento. E per salvarsi i vecchi partiti verso la grande coalizione

Atene pronta al voto  È arrivata l’ora  di comunisti e neonazi

Paese sismico per eccellenza, la Grecia si prepara per domenica prossima a un terremoto di prima grandezza. Politico, stavolta. Mandato a casa con fretta sospetta il Monti ateniese Lucas Papademos, che in sei mesi di governo tecnico ha costretto i greci a sentire sulla loro pelle il bruciore delle sue misure «lacrime e sangue» (ovvero tagli, licenziamenti e tasse), i partiti hanno avuto ciò che volevano: le elezioni. Ognuno di essi sperando di trarne comunque dei vantaggi, nonostante la contingenza economica drammatica (cinque anni consecutivi di recessione e un quinto del Pil nazionale andato in fumo) e il montante malcontento sociale che rischia di sfociare in varie forme di rivolta.

La più imminente di queste sembra essere quella elettorale, e viene da chiedersi se gli strateghi politici di Atene abbiano ben valutato i rischi che si assumono chiamando i greci alle urne. I sondaggi segnalano che è sensato attendersi vari tipi di scosse sismiche, oltre ad alcune probabili (mezze) sorprese. Fra le prime il dilagare dell’astensionismo e il forte ridimensionamento dei due principali partiti (i conservatori di Nuova Democrazia e i socialisti del Pasok), fra le seconde l’approdo in Parlamento, a fronte dei cinque attualmente rappresentati, di una decina di movimenti politici, alcuni dei quali piuttosto inquietanti: si prevede che sull’onda della protesta e del disorientamento supereranno la soglia minima del 3 per cento due partiti dell’ultrasinistra e due dell’estrema destra.

Tra gli inquilini della futura Vulì (il Parlamento di Atene) ci dovrebbero dunque essere gli irriducibili stalinisti del partito comunista KKE (9 per cento nei sondaggi) e la coalizione della sinistra radicale «Syriza», avvicinabile ai nostri vendoliani e anch’essa data attorno al 9 per cento: movimenti che promettono un’accesa ribellione «anti-capitalista» ai metodi fin qui usati per risanare i disastrosi conti pubblici della Grecia. Sul fronte opposto dovrebbero confermarsi in Parlamento gli ultranazionalisti del «Laos» (che però hanno appannato la loro immagine d’intransigenza concedendo un appoggio «d’emergenza» a Papademos) ma soprattutto approdarvi le teste rasate neonazi di «Alba dorata».

Costoro, da sempre ai margini della vita politica greca, ricevettero un modestissimo 0,23 per cento dei voti nel 2009, ma sono ora accreditati nei sondaggi di un 5 per cento. Nella diffusa collera generata dall’esplodere della crisi economica e dal progressivo impoverimento dei greci, le più che drastiche proposte di «Alba dorata» (frontiere minate per bloccare l’immigrazione, linea durissima contro la criminalità, sanzioni esemplari per i politici ladri e corrotti) rischiano di ottenere anche più ascolto del previsto. Tipicamente i dirigenti del partito respingono al mittente le accuse di neonazismo, preferendo definirsi «semplici nazionalisti». Rimane il fatto che il loro leader Nikolas Mihailoliakos, eletto nel 2010 nel consiglio comunale di Atene, si presentò alla prima seduta esibendo un saluto romano e non mancò in altre occasioni di definire Adolf Hitler «una grande personalità della Storia».

L’indigeribile minestrone parlamentare che gli stessi greci si accingono a cucinarsi promette insomma di rendere impresa ardua la formazione di un esecutivo, per tacere dello stesso livello del dibattito in aula tra fazioni incattivite e distanti. In ultima analisi la prospettiva più realistica, ammesso che gli elettori la consentano, sembra essere quella di un compromesso storico tra conservatori (dati al 22%) e socialisti (stimati al 18%), una Grosse Koalition in salsa greca che consenta una gestione «politica» delle pesanti misure «tecniche» che appare inevitabile continuare ad applicare.

Papademos, congedandosi, ha ricordato che chiunque governerà dovrà imporre i tagli per 11 miliardi di euro già concordati con Bruxelles. Ma se i greci voteranno contro tutto questo è inutile nasconderselo: sarà il caos.

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