Un'altra «grana» è venuta ieri a complicare il quadro già fin troppo complesso della questione Datagate. La Bolivia, e con lei tutta l'America Latina, protesta a gran voce dopo che l'aereo del presidente Evo Morales, partito da Mosca intorno alla mezzanotte di martedì e diretto in patria, è stato bloccato per 15 lunghe ore a Vienna in attesa di un via libera al sorvolo che non arrivava da parte di alcuni Paesi europei, tra cui sembra ci fosse anche l'Italia. La ragione di questa specie di dirottamento era il sospetto che a bordo del jet presidenziale ci fosse Edward Snowden: la Bolivia è infatti uno dei 21 Paesi ai quali la «talpa» ha chiesto asilo politico e uno dei pochissimi a non avergli chiuso la porta in faccia.
É stato il ministero degli Esteri boliviano a denunciare con toni indignati il rifiuto della Francia e del Portogallo di lasciar passare l'aereo di Morales. Secondo il governo di La Paz, «la stessa vita del presidente è stata così messa a rischio per un sospetto infondato». Il jet è dunque atterrato all'aeroporto di Vienna in piena notte, dopo aver dovuto far dietrofront pochi minuti dopo l'ingresso nello spazio aereo francese. Compiuto l'atterraggio allo scalo austriaco di Schwechat, il governo di La Paz ha smentito ripetutamente che la «talpa» del Datagate, che da giorni cerca in ogni modo di lasciare l'aeroporto internazionale di Mosca dove è bloccato senza passaporto dal 23 giugno, fosse a bordo dell'aereo.
Il ministro della Difesa boliviano Ruben Saavedra, che viaggiava con Morales, ha accusato da Vienna non solo Francia e Portogallo, ma anche l'Italia di aver chiuso il proprio spazio aereo al loro volo: sulla questione riferirà stamattina in Parlamento il ministro degli Esteri Emma Bonino.
Contemporaneamente il furibondo Morales raccoglieva la solidarietà di altri Paesi latinoamericani allineati in una sorta di fronte antimperialista, quali il Venezuela, Cuba e l'Ecuador, ai quali si univano nelle ore successive il Perù, l'Argentina e l'Uruguay. I governi di questi Paesi hanno accusato i Paesi europei responsabili del blocco di Morales a Vienna (dove gli austriaci hanno preteso e ottenuto di perquisire l'aereo) di aver subito passivamente un diktat degli Stati Uniti e hanno definito il trattamento imposto al leader della Bolivia «un attentato e un'aggressione brutale».
Morales, visibilmente irritato, ha chiesto di sapere se fosse sequestrato o arrestato e ha esclamato «non sono un criminale!». Il presidente boliviano ha negato non solo che Snowden fosse mai salito a bordo, ma anche che si fosse parlato di lui durante le sue conversazioni con le autorità russe.
Dopo alcune ore la situazione si è sbloccata e l'aereo - ottenuti i necessari permessi - è ripartito nel primo pomeriggio alla volta delle Canarie, territorio spagnolo, dove è stato effettuato uno scalo tecnico. In serata il volo è ripreso con destinazione La Paz. Quello che non si è risolto è il pesante contrasto tra i sudamericani e gli Stati Uniti. Il Perù del «progressista» Humala Ollanta ha convocato per questa mattina una riunione urgente dell'Unasur - l'Unione delle nazioni dell'America Latina - per prendere le difese della Bolivia e del suo presidente. A La Paz una folla rabbiosa ha manifestato bruciando tricolori francesi, e gli ambasciatori di Parigi e di Roma sono stati convocati per chiarimenti.
La vicenda Morales ha lasciato temporaneamente nell'ombra gli sviluppi del caso Snowden. Il super ricercato americano rimane nel limbo dell'area transiti dell'aeroporto internazionale di Mosca, con scarse speranze di vedersi accolto da qualche Paese come rifugiato. Intanto i negoziati sulla zona di libero scambio europeo-americana che dovrebbero cominciare lunedì prossimo rischiano di essere la vittima eccellente della tensione tra le due sponde dell'Atlantico.
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