
Uno dei luoghi comuni del calcio recita che, non importa quanto hai vinto, conta solo l’ultimo risultato. Non si salva nessuno, nemmeno un tecnico che, almeno fino al tonfo contro il Club Bruges, era osannato come il profeta del calcio. Gian Piero Gasperini è passato dalle stelle alle stalle in un batter d’occhio e non solo per le tre sconfitte consecutive che stanno mettendo a rischio la stagione dell’Atalanta. Da quando si parla della fine del rapporto con la Dea, la macchina degli orobici passa da un disastro all’altro, spesso e volentieri per colpa delle scelte del tecnico, la cui capacità di strappare risultati coi cambi era quasi leggendaria. Vediamo quindi come e perché il tecnico dell’Atalanta si sia guadagnato la poco invidiabile palma di uomo in meno della 31a giornata di Serie A.
Un’involuzione inspiegabile
Perdere contro una squadra tosta e grintosa come la Lazio ci può sempre stare ma a far cadere le braccia a molti tifosi della Dea è stato il come si è perso. Gasperini, nel post-partita, prova a fare buon viso a cattivo gioco: “I dati parlano chiaro. Oggi abbiamo fatto una prestazione di assoluto valore, ma non supportata dai gol. Non era facile mettere in difficoltà la Lazio con questa continuità e poi c'è stato il patatrac in difesa come a Firenze. Dobbiamo raccontare un'altra sconfitta ma non nello spirito con cui abbiamo giocato la gara”. Chi ha visto la partita fatica a credere che quella squadra stanca e quasi svogliata sia la stessa che, fino a poche settimane fa, sbranava gli avversari.

Fin troppo facile prendersela col povero Hien, in totale confusione, che fa seguire un altro orrore difensivo a quello visto con la Fiorentina: in realtà è tutta la squadra ad aver vissuto un’involuzione inspiegabile. Kolasinac e Bellanova sono lontani parenti dei difensori tignosi visti fino a marzo, sulla mediana si salva solo Zappacosta mentre Ederson è irriconoscibile. Dalla cintola in su, poi, è un pianto senza fine: Lookman parte benino ma svanisce nella ripresa, Retegui e Cuadrado combinano ancora meno. La stanchezza non può spiegare tutto: il giocattolo si è rotto e le colpe non possono che ricadere sull’allenatore.
Una squadra allo sbando
Passare nel giro di poche giornate dal sogno scudetto al rischio di uscire dalla Champions è durissimo ma qualche anno fa vi sareste mai immaginati l’Atalanta terza ad inizio aprile?. La sensazione è che il meraviglioso ciclo della banda del Gasp si stia esaurendo proprio nel momento peggiore. Più che il possibile sorpasso del Bologna in caso di vittoria col Napoli, l’ambiente della Dea sembra entrato in confusione totale. Quando nel momento critico sbagli a dare istruzioni per un cambio vuol dire che c’è grossa crisi. Confondere “Ede” ed “Ade” sembra innocuo ma roba del genere su un campo di Serie A non si vedeva da anni.

Gasperini sembra fare spallucce: “Si vede che non era giornata oggi e non siamo riusciti a intervenire prima che Lookman uscisse”. Alla fine il tecnico è stato costretto a spendere il suo ultimo cambio per togliere Ederson e inserire Brescianini ma è l’unico cambio che funziona. Proprio la specialità di casa Gasp è un fallimento: né un De Ketelaere spento né un Maldini volonteroso e basta riescono a dare la scossa ad un gruppo scarico. Cosa dire, poi, del fatto che, invece di giocarsela fino alla fine, Gasperini decida di togliere sia Retegui che Lookman nell’ultimo quarto d’ora. L’Atalanta vera non aveva paura di niente e nessuno e sarebbe stata galvanizzata dalla sfida. Questa compagine allo sbando, invece, sembra quasi rassegnata.
Ora bisogna chiudere in bellezza
Visto che al peggio non v’è mai fine, il post-partita ha ulteriormente depresso i fedelissimi della Dea. Invece di dare la scossa, il tecnico orobico ha complicato una situazione già difficile con le sue dichiarazioni. A parte l’ammissione dello svarione sul cambio di Lookman, le sue parole sono apparse quasi scontate: è vero che niente è compromesso e che con quattro vittorie la qualificazione in Champions sarebbe al sicuro, ma come si fa a non ammettere che il piglio della Dea non è più quello di una volta? Gasperini chiama alla grande reazione, giurando e spergiurando che “quello che non abbiamo fatto in queste tre partite lo possiamo fare nelle prossime” ma manca la grinta di una volta.

Il tecnico si sveglia solo quando un collega gli chiede se le voci sul suo futuro non abbiano influito nello sbandamento della Dea. La sua risposta è quasi stizzita: “Questa è una stupidata. Dopo quelle parole abbiamo vinto 5-0 contro l'Empoli e 4-0 contro la Juventus. Mi sembra una cosa di comodo gettata così”. I fatti parlano fin troppo chiaro: specialmente dal punto di vista psicologico, il mancato rinnovo è stato un fulmine a ciel sereno che ha sgretolato le sicurezze dei bergamaschi. Non è un “tentativo di cercare alibi” come dice il Gasp ma dire le cose come stanno.
In questo momento parlare del suo futuro non è una “domanda fuori luogo” ma un modo di riportare ordine ed evitare che gli ultimi mesi di un percorso fantastico facciano dimenticare le imprese straordinarie compiute. Più che i risultati ora conta non rovinare tutto a pochi passi dal traguardo. Chiudere così male sarebbe un errore imperdonabile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.