Chiamiamoli col loro nome: sono terroristi islamici

L'islamicamente corretto porta i media all'auto-censura

Chi uccide, sgozza, decapita e crocifigge, chi fa stragi e getta centinaia di corpi in fosse comuni, chi assalta case ed edifici, incendia chiese e fa esplodere moschee è un terrorista o no? Lo chiedo perché ormai leggendo le agenzie di stampa e i giornali, ascoltando le radio e le televisioni constato che sono pressoché scomparse le parole «terrorista» e «terrorismo». È il più recente successo dell'islamicamente corretto, una versione del relativismo ideologico che ci porta ad auto-censurarci per la paura delle conseguenze che gli islamici potrebbero infliggerci in termini di rappresaglie terroristiche o ritorsioni economiche.

Qualche esempio di queste ultime ore. In un'agenzia stampa si definiscono «miliziani fondamentalisti» gli autori di una «esecuzione di massa», con «centinaia di uomini uccisi e gettati in fosse comuni», così come si parla di «esercito» dell'Isis (Stato islamico dell'Iraq e del Levante) pur attribuendogli la responsabilità della «mattanza» e di un «orribile crimine di guerra».

Riferendo dell'appello dell'arcivescovo siro-cattolico di Mosul, Yohanna Petros Moshe, per la drammatica situazione di Qaraqosh, cittadina dalla quale sono fuggiti più del 90 per cento degli oltre 40 mila abitanti, quasi tutti cristiani, si attribuisce la responsabilità agli «insorti sunniti» o ai «fondamentalisti sunniti», pur precisando che «sottopongono l'area urbana al lancio di missili e granate».

Descrivendo la situazione militare, leggiamo «continua l'offensiva dei jihadisti verso Bagdad», «i miliziani si trovano a un'ora di auto da Bagdad», «Tikrit è da due settimane in mano ai ribelli», «le forze di sicurezza irachene stanno cercando di costringere alla ritirata i miliziani islamisti dell'Isis».

Sempre restando sul fronte militare: «L'offensiva lanciata il 9 giugno scorso dai ribelli sunniti, insieme agli alleati miliziani qaedisti dell'Isis, ha provocato più di un migliaio di morti».

Passando alla Siria, ci consegnano questa frase asettica senza alcun aggettivo o commento: «L'Isis ha giustiziato 8 ribelli a Deir Hafer e poi li ha crocifissi nella piazza principale del villaggio dove i loro corpi dovranno rimanere appesi per tre giorni».

Passando alla Nigeria ci riferiscono che «presunti membri del gruppo integralista islamico nigeriano Boko Haram hanno attaccato oggi alcune chiese vicino a Shibok», «fondamentalisti in azione con bombe e armi da fuoco nel Nord-Est», «gli assalitori hanno fatto irruzione nelle chiese sparando a caso sulla gente».

Insomma per gran parte dei nostri mezzi di comunicazione di massa i terroristi islamici sono «miliziani fondamentalisti», «esercito dell'Isis», «insorti sunniti», «fondamentalisti sunniti», «jihadisti», «miliziani islamisti», «ribelli sunniti», «miliziani qaedisti», «gruppo integralista islamico» o più banalmente «assalitori», tranne che terroristi. Soprattutto è severamente vietato scrivere o dire «terrorismo islamico» perché si incorrerebbe nel reato di offesa all'islam o di istigazione alla guerra religiosa.

La nuova frontiera dell'islamicamente corretto che ci obbliga a non impiegare persino la parola «terrorista» è la camicia di forza che ci siamo auto-imposti nel contesto di una guerra in cui siamo oggettivamente perdenti. Come Occidente abbiamo fallito la battaglia contro il terrorismo islamico dopo l'11 settembre 2001, al punto che oggi i terroristi islamici occupano militarmente dei territori paragonabili a Stati dove impongono la sharia, la legge coranica. Ancor più preoccupante è il fatto che stanno distruggendo gli Stati nazionali in Iraq, Siria, Libia, Somalia e Nigeria tra l'indifferenza dell'Occidente o più correttamente con la collusione dell'Occidente.

Possiamo confidare solo nella Russia di Putin che sta seriamente contrastando il terrorismo

islamico e aiutando i cristiani in Medio Oriente. L'islamicamente corretto emerge come lo strumento con cui l'Occidente ha scelto di suicidarsi e di sancire la vittoria del terrorismo islamico.

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