Democrazia in agonia dov'è nata

Atene è la culla del "potere del popolo". Ma proprio questo voto ne evidenzia la crisi

Democrazia in agonia dov'è nata

Ieri poteva essere la giornata del trionfo della democrazia nel Mediterraneo, dove è na­ta. Due fra i popoli più antichi del mondo, testimoni di civiltà prezio­sissime, dovevano decidere il loro futuro in elezio­ni eccezionali. E non soltanto il loro.

In Egitto, do­po un lungo pe­riodo di regimi «forti», per non dire fortissimi, l’elettorato è stato finalmen­te chiamato a scegliere in pie­na libertà sul proprio futuro, in una svolta che sarebbe sta­ta - sarà - in­fluente anche negli altri Stati dell’Africa set­tentrionale e della cosiddet­ta Primavera araba. In real­tà, purtroppo, gli egiziani si so­no trovat­i a sce­gliere fra gli ere­di del vecchio regime e i fratel­li mussulmani: quanto a tasso di democrazia c’è il rischio di cade­re dalla padella nella brace, anche senza specificare, non sapendo­lo, quale sia la padella e quale la brace.

È ovvio che se gli egiziani si tro­vano in questa situazione le re­sponsabilità sono, sì, della loro storia recente e della loro classe politica. Ma è altrettanto evidente una debolezza intrinseca della de­mocrazia, che non ha saputo esprimere un’alternativa miglio­re.

A questo punto è indispensabi­le citare, prima di venire equivoca­ti, la classica frase di Winston Churchill, per cui «la democrazia è il sistema di governo peggiore, a parte tutti gli altri che l’hanno pre­ceduta ». Il male minore, insom­ma, e sia dunque sempre lodata. Non a caso qualcuno, mi sembra il segretario generale dell’Onu,ha detto proprio ieri che«l’importan­te è votare».

Vero. Demos e crazia, che sono parole greche, significano appun­to potere e popolo. Sembra un au­tocompiacimento della storia fa­re in modo che proprio lì, dove la democrazia è nata, il popolo sia stato chiamato a decidere, con un voto,il futuro dell’Europa,e quin­di del mondo. Ma è un autocom­piacimento perverso della storia che- proprio in questo voto di stra­ordinaria importanza - la demo­crazia sia entrata in stallo. Uno stallo tragicamente simile a quel­lo degli aerei, che precede l’avvita­mento e la caduta. Un primo voto, qualche settima­na fa, non ha consentito di forma­re un governo. Con una decisione eccezionale, si è deciso di proce­dere a un altro turno elettorale, dal cui risultato possono dipende­re appunto le sorti d’Europa e del mondo.

Non è servito, pare per­ché la scelta era fra chi vuole accet­tare il rigore, quindi l’Europa, e chi no. È finita con una situazione fragile, e la soluzione potrà trovar­si soltanto in un’alleanza innatu­rale - per il sistema greco - dalle conseguenze inimmaginabili, e che dunque porteranno a altre fra­gilità, a altri pericoli. Ripeto, lo devo ripetere. La de­mocrazia è una conquista inalie­nabile dell’essere umano. Però mai come oggi - quando ci trovia­mo di fronte a una crisi economi­ca come mai prima nella nostra vi­ta - ne vediamo i limiti e i rischi.

E vediamo, come

in una diretta tele­visiva, come possono nascere, in un mondo che ripudia le dittatu­re, la tentazione e il pericolo di do­ver ricorrere all’uomo della prov­videnza. Un’esperienza che avremmo preferito evitare.
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