Prima di una vittoria del socialista Hollande, prima di ogni altra cosa, il primo turno delle presidenziali in Francia è un pugno all’Europa. Parigi scrive a Bruxelles e ai suoi tecnocrati che spadroneggiano decidendo chi e come deve governare, urlano contro la Merkel che ha imposto a tutti la sua linea tedesco-centrica. Basta. Lo dicono i numeri di Marine Le Pen, che da antieuropeista convinta sfiora il 20%; lo dice il successo di tappa di Hollande che promette di riscrivere tutte le regole europee; lo dice persino il recupero di Sarkozy che non crolla, guardacaso, dopo aver garantito che cambierà alcune cose del suo rapporto con la Germania. La Francia straccia la foto simbolo degli ultimi tempi: quella di Sarkò che ride beffardo dell’Italia guardando la Merkel. Boccia quella supponenza, quel senso di superiorità, quella voglia di imporre a chiunque le decisioni di un duopolio che ha condizionato tutto e tutti, a cominciare dall’imposizione dei tecnici al governo in Grecia e soprattutto in Italia. È una sconfitta dell’Europa dei Monti, questa. Uno schiaffo alle logiche e alle strategie che da Bruxelles, passando per Berlino e Parigi, hanno portato a Palazzo Chigi i professori.
Sarkozy perde il primo turno con un avversario che non aveva mai vinto prima d’ora, che ha persino faticato a prendersi la leadership del suo partito. È una sconfitta contenuta nei numeri e che lascia la possibilità di recupero, ma resta una sconfitta pesante, perché impone a Sarkò di cambiare per provare a rimanere all’Eliseo: la Francia dice al suo presidente di non credere a quel che è oggi. Cioè un capetto, uno partito liberale e diventato statalista per opportunismo, uno che ha imposto i propri interessi al resto del continente, ovviamente partendo da noi italiani. La Francia racconta che non si può partire per essere il nuovo Reagan e finire diventando peggio di Monti. Meno Bruxelles e più Parigi, dicono le urne: se vuol vincere, Sarkò deve prendere i voti della Le Pen, quindi della più acerrima nemica dell’europeismo.
Non vogliono, i francesi come molti altri, la politica fatta dai commissari, da vigili urbani che la gestiscono solo seguendo rigidamente le norme. Fare i professori non paga, evidentemente. Siano tecnici o politici a farlo. Parigi è un avvertimento per se stessa e poi anche per il resto d’Europa. Qualcuno lo capirà anche in Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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