Berlino - Far pagare ai contribuenti di tutta Europa la politica post-coloniale della Francia. Era questo il progetto avanzato dal presidente francese François Hollande al vertice Ue conclusosi venerdì a Bruxelles. Un'idea tutto sommato in linea con la costruzione europea: tra gli obiettivi comunitari c'è lo sviluppo della Politica europea di sicurezza e difesa (Pesd) che dovrebbe avvalersi di una forza propria di intervento rapido. In linea teorica un «Gruppo di battaglia Ue» esiste già, così come esiste uno Stato maggiore Ue che risponde formalmente ai 28 capi di Stato e di governo. Di fatto, però, i militari degli Stati membri si muovono solo in ambito Nato mentre l'Europa resta un «nano» politico e militare. La «Pesd» ha sempre trovato un ostacolo in Londra, più interessata al rapporto con Washington e alla copertura dell'ombrello Nato.
Per Parigi il discorso è diverso. Quale ex potenza coloniale, la Francia ha mantenuto rapporti molto stretti con numerosi Paesi africani e anche in anni recenti ha difeso interessi e partner politici con diverse «missioni di pace». Solo nel 2013 se ne contano due: l'«Operazione Serval» contro al-Qaeda in Mali (dove si estrae l'uranio), e l'invio la settimana scorsa di 1.600 uomini (Operazione Sangaris) per combattere le milizie Seleka che stanno destabilizzando la Repubblica Centrafricana (ricca di petrolio e diamanti). Per non parlare dell'intervento in Libia, fortemente sponsorizzata proprio dalla Francia, sia pure in epoca Sarkozy.
Al di là degli interessi commerciali, la Francia ha sempre rivendicato il ruolo di paladina dei diritti umani. In anni recenti l'ex ministro degli Esteri Bernard Kouchner ha teorizzato il «diritto all'intervento umanitario» per evitare il ripetersi di carneficine come il genocidio dei tutsi in Ruanda (800 mila morti). Ma le missioni internazionali costano. Solo l'ultima è stimata in mezzo miliardo di euro, e l'Eliseo sperava di poter condividerne i costi con l'Europa. Hollande puntava a convincere Angela Merkel ad allentare i cordoni della borsa ricordando l'instabilità di tutto il Mediterraneo meridionale a fronte di una politica americana sempre più disimpegnata e rivolta verso l'Asia.
La cancelliera da parte sua ha inaugurato il suo terzo mandato alla guida del governo visitando mercoledì Parigi: un gesto per ricordare che l'asse franco-tedesco è l'architrave della costruzione europea. Tuttavia la leader tedesca, che pure ha ordinato alla Bundeswher di dare sostegno logistico all'Operazione Sangaris, ha risposto picche alla richiesta di attivare una forza integrata. Se la Francia in grave affanno economico non abbandona la sua politica di grandeur, la Germania fa esattamente l'opposto: al crescere del suo potere economico diminuisce la sua voglia di esposizione militare. Per Berlino la priorità è l'uscita dalla crisi dell'euro. Anzi, licenziato l'ex ministro degli Esteri, il liberale Guido Westerwelle, frau Merkel ha imbarcato il socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier, già capo della diplomazia tedesca fra il 2005 e il 2009. Il neoministro, ala sinistra dell'Spd, ha ringraziato il suo predecessore per aver salvaguardato la linea di Berlino ostile agli interventi militari. Ossia per avere detto no alla guerra della Nato in Libia.
Cosicché il vertice di Bruxelles si è concluso con un appello a rafforzare la cooperazione fra le industrie nazionali della Difesa mantenendo però il veto britannico alla creazione di forze armate continentali. Continuando, in altre parole, a fare affidamento sull'ombrello della Nato e degli Stati Uniti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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