John Kerry è arrivato a Kiev per ribadire il sostegno della Casa Bianca al nuovo corso dell'Ucraina e ricordare le vittime di Piazza Indipendenza. Ma nel suo viaggio il segretario di Stato americano ha lanciato anche un messaggio duro e preciso a Vladimir Putin: la Russia cerca un pretesto per invadere questo Paese, ha detto ai giornalisti, una mossa che potrebbe costare al Cremlino l'isolamento «politico, economico e diplomatico».
Insomma, oltre ai fiori lasciati in terra al centro di Kiev, Kerry ha mostrato che gli Stati Uniti possono fare anche qualcosa di concreto per sbloccare questa crisi. Ieri per esempio hanno confermato aiuti all'Ucraina per un miliardo di dollari, altri due verranno dall'Unione Europea, ma pare ancora troppo poco per salvare il Paese dalla bancarotta. C'è bisogno di 35 miliardi, mentre i fondi stanziati sinora coprono soltanto una parte del debito dell'Ucraina verso Gazprom, che ieri ha sospeso ogni sconto sulle forniture di gas.
Gli Stati Uniti chiedono alla Russia di interrompere ogni forma di pressione e minacciano misure economiche nel caso in cui il Cremlino continui la strategia. Per Obama l'atteggiamento di Putin allontanerà la Russia dalla comunità internazionale, ma l'ipotesi di sanzioni divide gli europei: i tedeschi sono contrari e gli inglesi sembrano addirittura spaventati da questa eventualità.
Putin ha risposto ieri dalla sua residenza privata alle porte di Mosca, e non ha risparmiato i particolari ai giornalisti che gli stavano di fronte. «Chi pensa di colpire la nostra economia deve sapere che le conseguenze sarebbero reciproche», ha detto il presidente (qualche ora prima uno dei suoi consiglieri ha proposto di escludere il dollaro dalle riserve monetarie e di cancellare i debiti delle aziende russe nei confronti degli Stati Uniti). Ma l'intervista è servita soprattutto per marcare la linea del Cremlino rispetto alla crisi: non faremo mai la guerra al popolo ucraino, ha detto Putin, non saremo certo noi a sparare su donne e bambini; nessuno qui ha mai pensato di annettere la Crimea; ma la Russia si riserva la possibilità di intervenire se l'Ucraina continuerà la sua discesa nel caos. Poi è venuto l'attacco al nuovo governo di Kiev (hanno portato a termine «un golpe incostituzionale», ha detto Putin) e quello ancora più violento ai politici americani che trattano questa crisi come se fosse «un esperimento con i topi da laboratorio, senza considerare le conseguenze».
Putin non ha risparmiato l'ex presidente Yanukovich, che è fuggito dall'Ucraina al culmine della crisi e ha trovato rifugio in Russia. «Gli ho detto che non ha più alcun futuro politico», ha detto il capo del Cremlino, con buona pace per quanti, sulla stampa europea, ancora scrivono che i due sono legati da un patto di eterna amicizia.
Nonostante le rassicurazioni di Putin, gli occhi restano puntati sulla Crimea. Ieri i soldati russi hanno sparato in aria colpi di avvertimento mentre i militari ucraini, disarmati, s'avvicinavano al perimetro di una base aerea, quella di Belbek, che i due eserciti si contendono. Con gli uomini inviati da Mosca c'è anche una milizia autonoma, un gruppo di autodifesa che conta almeno diecimila unità e controlla gli aeroporti, i palazzi del governo locale e le strade principali. I cittadini russi della Crimea non sembrano impauriti dalla loro presenza, ma i timori sono forti nella minoranza tatara, che già nei giorni scorsi ha manifestato contro quella che definiscono una «invasione» in piena regola. Il governo di Simferopoli ha organizzato un referendum per conoscere l'opinione dei cittadini su un punto cruciale: volete che la Crimea sia ancora una provincia autonoma all'interno dell'Ucraina, oppure no? Il voto si terrà il 30 marzo, due mesi prima rispetto alle elezioni presidenziali, a da quello dipende il futuro del Paese.
Persino l'Unione Europea già accetta l'idea che l'Ucraina si divida in due: Germania e Italia prospettano una «soluzione federale», ha scritto ieri Claudio Cerasa del Foglio, pensano che la Crimea possa avere ancora più autonomia e seguono questa linea prima ancora di portare a termine uno sforzo diplomatico serio per l'unità del Paese (Il Giornale già lunedì aveva
anticipato che si punta a un esito «federale» della crisi). Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha parlato a lungo con Putin nel fine settimana, e non è chiaro chi dei due guadagnerebbe di più dalla divisione dell'Ucraina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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