Da via col vento a via col ventre, nel senso di viaggio con un biglietto di sola andata. In una sorta di guerra di facciata all’abusivismo il governo del Marocco ha deciso di cacciare tutte le artiste straniere che si esibiscono in quei locali tematici spesso decantati dalle brochure dei tour operator. La danzatrice del ventre impiega l’astuzia e il corpo per prosperare nella sua breve carriera di stella fino ad arrivare a rappresentare la parte di una principessa adultera ma vergine. Il prototipo postmoderno disegnato dalle danzatrici, che non appartengono per estrazione etnica e religiosa al mondo islamico, sta invece naufragando in un difficile futuro professionale. In Marocco la loro presenza non coincide con ciò che è politicamente corretto all’interno di un mondo politicamente islamizzato. Il ministro della cultura Moustapha El Khalfi si è affrettato infatti a trasformare tutti i permessi di lavoro delle danzatrici straniere in carta straccia. «Le scimmie sioniste che insultano l’Islam» devono raccogliere le loro vesti (ridotte) e tornarsene a casa entro la fine di maggio. Non si tratta di un piccolo manipolo di avvenenti ragazze. Secondo i dati forniti dal ministero del lavoro di Rabat sarebbero circa 2mila le artiste (francesi, brasiliane e americane) a dover abbandonare il paese. Qualcuna in realtà ha già provato sulla propria pelle gli effetti delle restrizioni. È accaduto un paio di settimane fa al festival della danza di Marrakech. Tra musiche sensuali e movenze accattivanti sul palco della celebre piazza Jama'a el-Fnaa si sarebbero dovute esibire tra le altre tre ragazze di origini israeliane, fermate prima dello show e accompagnate dalla polizia in caserma a fornire generalità. Nella mente di El Khalfi, appoggiato dal premier Benkirane, sta prendendo piede una sorta di radicalizzazione della danzatrice. Non si possono certo cancellare con un colpo di spugna musiche e movimenti del bacino che fanno parte di una tradizione che si perde nella notte dei tempi. Ma d’ora in poi dovranno esibirsi senza scoprire il viso. «Fino ad oggi esposto, così come il corpo, agli sguardi concupiscenti dei turisti occidentali».
Moustapha «il moralizzatore» non è certo nuovo a disposizioni ritenute impopolari anche da chi ha votato il partito per la Giustizia e lo Sviluppo. A inizio aprile ha presentato in parlamento una radicale riforma sulle tv di stato. I due canali, TVM e 2M, dovranno chiudere la programmazione giornaliera non oltre le ore 21. Nel palinsesto verranno inserite le chiamate alla preghiera del muezzin. Al bando pubblicità di cosmetici e soprattutto le telenovelas, che in Marocco tengono incollate davanti allo schermo 2 milioni di telespettatori. In tutta risposta sono schizzati alle stelle gli acquisti di parabole e decoder per captare il segnale delle emittenti occidentali. A gennaio era stato il premier Benkirane a rispondere picche a MacDonalds intenzionata ad aprire quattro punti ristoro. La catena di fastfood ripiegò sulla Tunisia. Le restrizioni non risparmiano i social network. Ne sa qualcosa il 17enne Walid Bahomane, condannato a tre anni di carcere e cento nerbate per aver pubblicato un paio di caricature del re Mohammed VI sulla propria pagina di Facebook. In passato il re si era distinto per atti di tolleranza, soprattutto su consiglio della giovane e avvenente consorte Lalla Salma. Ma l’aver accettato di posare per una rivista di gossip a piedi nudi (estremità considerate off limits nel Corano quanto il seno) ha provocato la chiusura immediata del rotocalco. Con la danza del ventre il governo marocchino ha forse raggiunto l’apice dell’impopolarità. Le opposizioni, guidate dal partito socialista, non hanno fatto mancare il loro disappunto. C’è chi sostiene che dietro all’espulsione delle danzatrici straniere si nasconda qualcosa che va oltre i dettami dell’Islam più integralista. Il tutto racchiuso in un campanilismo di chi non vuole accettare che ormai le migliori danzatrici del ventre in assoluto non sono più maghrebine o del medioriente.
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