«L'eccesso nuoce! Basta immigrazione di massa!»: i manifesti che da settimane campeggiano agli angoli delle strade, sopra l'immagine di un enorme e inquietante albero nero che stritola fra le sue radici la Svizzera, fanno discutere dentro ma anche fuori i confini elvetici. Oggi i cittadini con passaporto rossocrociato si esprimeranno su un'iniziativa (lanciata dal partito di destra Udc) che preoccupa il Consiglio federale - il quale insieme al Parlamento raccomanda di respingerla - per le conseguenze che potrebbe avere nei rapporti con il resto dell'Europa.
Il referendum chiede in sostanza che la Svizzera limiti il numero di permessi di dimora per stranieri, con tetti massimi e contingenti annuali: se fosse accettato dal popolo, potrebbe segnare la fine della libera circolazione delle persone e degli altri accordi conclusi nel 2002 con l'Ue nell'ambito dei bilaterali. Effetti che il governo non esita a definire «nefasti» e che andrebbero a toccare da vicino anche il mezzo milione di italiani che vive e lavora nella Confederazione oltre ai sessantamila frontalieri che giornalmente entrano in Ticino. Tuttavia, l'esplosione dell'immigrazione in Svizzera negli ultimi anni e un malumore generalizzato per quella che viene vista sempre più come un'invasione incontrollata e incontrollabile - soprattutto in Ticino, anche per la difficile, prolungata fase economica che attraversa la vicina Italia - fa sì che l'esito dell'iniziativa sia combattuto e incerto. L'ultimo sondaggio per conto della TV nazionale lo conferma: la quota di sostenitori dell'iniziativa tra il 27 dicembre 2013 e il 21 gennaio scorso è aumentata di ben 6 punti raggiungendo il 43% e proprio la Svizzera italiana è la regione in cui il testo dell'Udc gode dei maggiori consensi (il 54% voterà «certamente o tendenzialmente» a favore dell'iniziativa). Il comitato del «sì» fa leva sulla disoccupazione in aumento (il tasso di stranieri senza lavoro è di circa l'8% nel Paese), sulla pressione sui salari, sugli episodi di criminalità, sulle strade congestionate, sui treni sovraffollati: temi «caldi» e dibattuti regolarmente anche e soprattutto in Ticino, dove appunto l'iniziativa dovrebbe essere accolta a larga maggioranza. «Siamo minacciati da questa immigrazione incontrollata: dal 2007 il numero degli immigrati supera ogni anno di circa 80mila unità quello di coloro che emigrano» spiegano gli iniziativisti, che aggiungono: «La nostra proposta non chiede di introdurre un blocco generale dell'immigrazione, ma vuole incaricare il Consiglio federale di condurre nuovi negoziati con l'Ue sulla libera circolazione delle persone».
Ma alle inquietudini dei cittadini che si sentono minacciati dall'esterno fanno da contraltare altre preoccupazioni, più sommerse e meno sbandierate, legate al mondo imprenditoriale e, in generale, a tutti i settori dell'economia elvetica, che compatta si è distanziata dall'iniziativa. Le varie organizzazioni hanno ribadito come la libera circolazione delle persone e la via bilaterale siano indispensabili. L'Europa è il principale partner commerciale dell'economia svizzera e un impiego su tre dipende dagli scambi con l'Ue; inoltre, in materia d'esportazioni, Berna guadagna un franco su tre con l'Europa. Grazie alla libera circolazione delle persone gli svizzeri possono lavorare in tutta l'Ue e viceversa e questo permette alle imprese elvetiche di reclutare la manodopera specializzata di cui hanno necessità quando non la trovano sul territorio.
Un dato su tutti, in questo senso, l'ha fornito il Consiglio federale nella sua raccomandazione di voto: nel 2010, alla caduta dell'ultimo diaframma della galleria di base del San Gottardo, nell'ambito di AlpTransit, 87 lavoratori su cento erano stranieri
La Svizzera deciderà dunque di dare continuità al suo consolidato
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