Tutti, o quasi, contro Dieudonné, diventato ormai il nemico pubblico numero uno in Francia. Il comico che farcisce di battute antisemite i suoi show, fomentando platee anti-sistema limitate ma agguerrite, è circondato dalla riprovazione generale. Ma il suo caso è la bomba a orologeria di questo inizio d'anno in Francia.
A far esplodere la questione del controverso comico, da anni nel mirino della associazioni antirazziste per il suo antisemitismo dichiarato, è stata l'esplosione «virale» della quenelle, una specie di saluto nazista alla rovescia con il quale condisce i suoi spettacoli. Un segnale di intesa, che strizza l'occhio all'antisemitismo della sua platea, ma che prima il giocatore francese Nicolas Anelka, poi altri suoi colleghi connazionali, hanno avuto l'idea di rendere popolare festeggiando proprio con la quenelle i propri gol. Il presidente François Hollande ha lasciato chiaramente intendere di essere al fianco di tutte le iniziative del suo governo che ostacoleranno gli show di Dieudonné, la cui prima esibizione del nuovo tour è prevista mercoledì prossimo a Nantes, nell'ovest del Paese. Sabato al coro dei politici - con l'eccezione del Fronte nazionale di Marine Le Pen e pochi altri singoli - si è aggiunta la famiglia Klarsfeld, in particolare i due più famosi «cacciatori di nazisti», Serge e Beate, seguiti dal figlio avvocato Arno, che hanno lanciato un appello a manifestare proprio mercoledì a Nantes contro lo spettacolo di Dieudonné.
Ci saranno anche loro, con il figlio, a testimoniare la vicinanza e il sostegno alla battaglia del governo socialista e in particolare di Valls. Il quale ha ribadito oggi di voler essere «efficace» fin dall'inizio degli show: al primo accenno antisemita o razzista, gli spettacoli saranno interrotti. Christiane Taubira, ministra della Giustizia tutt'altro che vicina a Valls, è sulla stessa linea del responsabile dell'Interno: Dieudonné, ha sottolineato, deve 65mila euro allo Stato di ammende non pagate per le sue intemperanze.
L'atteggiamento di quel «penoso buffone» - come l'ha definito la guardasigilli - è condannato dalla legge come «organizzazione fraudolenta di insolvenza».
Ieri ha rincarato la dose un altro socialista di primo piano, il sindaco di Parigi Bertrand Delanoë: ha lanciato un appello al divieto dello spettacolo, sottolineando che lo Stato «non deve cedere di fronte ai criminali».
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