È crisi aperta tra Spagna (spalleggiata dall’Ue) e Argentina dopo l’annuncio fatto lunedì dalla presidenta Fernandez de Kirchner di una nazionalizzazione del 51 per cento della società petrolifera Ypf, controllata dalla compagnia spagnola Repsol. Il ministro degli Esteri spagnolo García- Margallo ha parlato di «rottura della fratellanza» tra Buenos Aires e Madrid, ricordando indignato che «nel 2001-2002, quando l’Argentina attraversava il suo peggior momento, la Spagna intervenne in suo aiuto con un prestito di un miliardo di euro». Un prestito «di cui alcune quote devono ancora essere pagate». Il governo di Madrid ha annunciato «adeguate misure di risposta» a quella che considera una coltellata alla schiena.Anche l’Unione Europea è intervenuta: il presidente della Commissione europea Barroso si è detto «seriamente deluso» e come prima misura la prevista riunione del «comitato congiunto » Ue/Argentina in programma domani e venerdì a Buenos Aires è stata rinviata a data da destinarsi.
La mossa di Buenos Aires (giustificata con la volontà di prendere il controllo del settore petrolifero nazionale) ha provocato una brusca caduta delle quotazioni di Borsa della Repsol, che ha reagito denunciandola come «palesemente illegale». Ma gli argentini ovviamente non la pensano così: già due ore dopo l’annuncio del commissariamento il ministro della pianificazione Julio de Vido si è presentato in compagnia di numerosi funzionari per prendere possesso della sede della Ypf, dalla quale i dirigentispagnoli si sono dovuti allontanare. Repsol richiederà un arbitrato internazionale e punta a 10 milioni di dollari di indennizzo.
L’esproprio della Ypf s’inquadra in un contesto di protagonismo crescente dell’Argentina nello scacchiere internazionale, il cui elemento più evidente consiste nella sfida lanciata a Londra a proposito della sovranità sulle isole Falkland: trent’anni dopo l’invasione conclusasi con la disfatta argentina di fronte all’inattesa e determinatissima reazione britannica, la Fernandez de Kirchner riapre la questione puntando sulla solidarietà latinoamericana e sulla relativa equidistanza di Washington tra i contendenti, due elementi sui quali la giunta militare di Galtieri non poté contare nel 1982.
È indubbio che la misura di esproprio appena decisa rischia di ritorcersi contro l’Argentina, la cui affidabilità sui mercati è già tutt’altro che proverbiale, come ben sanno i risparmiatori italiani.
Per il momento però sono le nostre aziende a preoccuparsi del rischio Argentina improvvisamente accresciuto: tra le società più esposte ci sono Telecom Italia, Tenaris, Enel, Fiat, Fiat Industrial, Pirelli e Trevi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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