Putin prepara l'annessione. Obama: "Grave violazione"

Il presidente russo: "Evitare un'escalation in Ucraina". Ma la Duma discute leggi su "nuovi Stati nella Federazione". La Casa Bianca: "Preoccupano i movimenti delle truppe di Mosca"

Putin prepara l'annessione. Obama: "Grave violazione"

«Siamo profondamente preoccupati anche se siamo in contatto con la Russia. Ogni intervento in Crimea sarebbe una grave violazione del diritto internazionale e della sovranità ucraina». Obama non usa mezzi termini. Gli Stati Uniti vedono movimenti militari russi in Crimea «via aria e via mare» e la cosa non piace per niente. Un intervento russo in Ucraina, aggiunge, avrebbe «delle conseguenze». Quali ancora non si sa. L'aveva preceduto l'ambasciatrice americana all'Onu, Samantha Power lanciando un appello alla Russia affinchè «ritiri le sue forze militari» e permetta agli ucraini di «decidere il proprio futuro senza ingerenze. Washington aveva comunque già ribadito in giornata il punto di vista americano sulla crisi ucraina: Yanukovich ha abdicato, rinunciando alle sue responsabilità di presidente; il Parlamento ha scelto un nuovo governo per coprire il vuoto di potere; il nostro sostegno è tutto per quell'esecutivo. E così anche quello di Berlino e di Bruxelles, come ha ricordato ieri Angela Merkel, con l'Unione europea che si dice «pronta a firmare» l'accordo di associazione con l'Ucraina in ogni momento.

Putin ha rotto ieri il suo lungo silenzio, ha parlato al telefono con la cancelliera tedesca, con il premier britannico Cameron e con il presidente Ue Van Rompuy, e ha chiesto di «evitare un'escalation» in Ucraina. Il rapporto con Yanukovich non è affatto scontato: per anni la stampa europea lo ha descritto come un fedele alleato del Cremlino, come un burattino nelle mani dei russi. In realtà Putin lo reputava poco affidabile, il premier russo, Dmitri Medvedev, lo ha chiamato «zerbino», e il numero uno della Commissione Esteri alla Duma, Alexey Pushkov, ha pronunciato parole durissime quando è fuggito («è una fine patetica per un leader»), più o meno le stesse usate con Mikhail Saakashvili dopo la guerra lampo in Georgia del 2008 («è un cadavere politico», dissero al Cremlino). Yanukovich torna ora da Putin e chiede velatamente sostegno. «Abbiamo parlato solo al telefono – ha detto l'ex presidente ucraino – Mi incontrerà quando avrà tempo».

E intanto alla Duma russa si discute una legge per «creare nuovi soggetti della Federazione», ovvero nuove province oltre le 83 che già compongono il paese. Putin può permettersi il lusso di attendere, sa che ogni governo dell'Ucraina avrà bisogno di confrontarsi con Mosca - è una questione di storia, di soldi e di confini - ma già ci sono le basi per mantenere il controllo sulla Crimea. È accaduta una cosa simile in Georgia nel 2008, tanto che i soldati russi hanno ancora il controllo su due province ribelli, Abkhazia e Ossezia meridionale.

Yanukovich intanto parla. Hanno tentato di uccidermi, ho lasciato il paese grazie all'aiuto di alcuni militari con il senso dello stato, ritornerò solo quando la sicurezza sarà di nuovo sotto controllo. Ma sono ancora il presidente legittimo dell'Ucraina, perché il copione di questa rivolta è stato scritto all'estero. Torna in video per la prima volta dal 22 febbraio e lo fa da Rostov sul Don, nella Russia meridionale, il suo nuovo rifugio dopo la fuga segreta da Kiev. Sono passati soltanto sette giorni da allora ma tutto è cambiato in Ucraina: la Rada ha votato un nuovo governo, il corpo speciale dei berkut non esiste più, il ministero dell'Interno ha denunciato Yanukovich alla Corte dell'Aia con l'accusa di strage (e ieri la Svizzera ha cominciato a indagare sul suo conto per il reato, ben più leggero, di riciclaggio).

L'ex presidente considera la rivolta un colpo di stato in piena regola, un'operazione di gruppi nazifascisti, e spera nella risposta della parte orientale del paese, quella più ricca e

più vicina al suo partito politico, il Partito delle Regioni, che pure lo ha scaricato negli ultimi giorni. Dice di non avere mai ordinato stragi di civili: tutto quel che potevano fare le forze di sicurezza era difendersi.

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