Non è un gran momento, per i bambini d'America. Non lo è mai stato, visto che comprare un fucile a pompa, in quel Paese, è sempre stato più facile (i rapsodici mea culpa dei governi lasciano il tempo che trovano) che acquistare forcine per capelli o un flacone di Pepto-Bismol. Bambini abusati, violenze su minori, telefoni azzurri sempre viranti al rosso grazie all'iperlavoro, pedofili con e senza uso di internet ce ne sono e ce ne sono stati dappertutto, come sanno perfino in Belgio (dice niente il nome di Marc Dutroux?). L'America, in più, ha questo: la catasta di armi circolanti e la facilità con cui qualsiasi spostato, maniaco, serial killer, psicopatico -montato da una industria cinematografica delinquenziale dove i crani esplosi a rivoltellate cominciano a diventare stucchevoli, e ogni giorno si pensa a qualcosa di più eccitante- può scendere ogni giorno in strada e fare un macello. Sicché talvolta può capitare di vivere, immagino, come se quella in cui si entra in scena ogni giorno, da Seattle ad Albuquerqe, uscendo di casa, non sia uno scampolo di vita reale, ma una puntata di «Dexter». E i bambini, spesso, ci vanno di mezzo.
È facile che appartenga a questa categoria di pazzi Jimmy Lee Dykes, uno spurgo di manicomio criminale di 65 anni che l'altro ieri pomeriggio ha ammazzato l'autista di uno scuolabus e da quel momento, dopo averlo sequestrato sotto gli occhi sbigottiti dei compagni, tiene in ostaggio nel suo bunker sotterraneo un bambino di 6 anni. Uno scelto a caso sul minibus. Ma poteva anche essere quell'altro, quello che di anni ne ha 8. «Mi servono due bambini di 6 e 8 anni!», aveva gridato infatti lo psicopatico all'autista che lo guardava allocchito, prima di accopparlo a sangue freddo con quattro pallottole. Poi, siccome il bambino di sei era più minuto, fisicamente, e al mostro dev'esser parso più facile da gestire, la scelta è caduta su di lui. Altri invece dicono che il bambino più grande, nella concitazione del sequestro, era svenuto, e lui allora se l'era lasciato alle spalle.
Il dramma, tuttora in corso nel momento in cui scriviamo, si svolge a Midland City, nel sud dell'Alabama. Storia atroce, come si vede, resa complicata dal fatto che il folle si è trincerato in una sorta di rifugio che si è costruito nell'arco di due anni sotto oltre un metro di sabbia nella sua abitazione. Secondo fonti della sicurezza, il bambino è autistico, e lo squinternato assassino ha accettato di ricevere una scatola di un medicinale di cui il piccolo ha bisogno.
Di Jimmy Lee Dykes si sa che è un veterano della guerra del Vietnam, con idee anti-americane. Un anarchico violento, posseduto da pulsioni omicide, dicono i vicini (mica meglio se l'avessero detto prima?).
Jimmy Lee era stato arrestato il 22 dicembre scorso per aver minacciato un vicino e la figlia con una pistola: li accusava di aver sconfinato nella sua proprietà guidando un'auto. Si sta negoziando, naturalmente, col soccorso di specialisti dell'Fbi e delle cliniche psichiatriche più vicine.
E siccome le cattive notizie che vengono d'Oltreatlantico non arrivano mai da sole, ecco anche la storia di Hadiya, studentessa quindicenne del King College Prep, a Chicago, uccisa da uno dei proiettili vaganti tra due gang che si stavano affrontando in un parco cittadino. Una ragazzina normale, felice di aver partecipato con i suoi compagni alla parata per l'inaugurazione del secondo mandato di Obama.
«Sulle armi bisogna agire. Adesso», ha detto al Congresso Gabrielle Giffords, sopravvissuta miracolosamente a una orrenda strage in Arizona e paladina della riforma in cantiere. Parole avallate con forza dal presidente.
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