Notizie dal fronte. Ma non di guerra questa volta. Gli operatori italiani a Kabul non sono molti, si conoscono tutti e spesso si danno una mano, che siano militari, civili o religiosi. Capita che un gruppo di carabinieri in missione nella capitale afgana si imbatta in una piccola scuola gestita da suore connazionali. Inaugurato nel 2006, il Centro diurno per bambini disabili mentali è un'iniziativa dell'associazione Pro bambini di Kabul (PBK), una onlus di cui fanno parte 14 congregazioni. Ci lavorano suore di diversi istituti religiosi e gli allievi sono una trentina di bambini che non frequentano la scuola pubblica e sarebbero costretti a vivere chiusi in casa o discriminati. Il Centro PBK, che collabora con il ministero dell'Educazione afgano, è un punto di riferimento per le famiglie di Kabul con figli disabili mentali ed è diventato anche sede di corsi di formazione per insegnanti. I bambini sono ammessi senza pregiudizi culturali né religiose e nei casi in cui a 18 anni non abbiano raggiunto la preparazione per passare alla scuola pubblica, vengono inseriti in percorsi di formazione professionale per aiutare il loro inserimento nella società.
Entrano in scena i carabinieri. Sono in missione a Kabul e il tam tam parla di questa scuola speciale. "A casa abbiamo figli piccoli - spiega Giuseppe, uno dei militari - naturale che ci siamo mobilitati per questi bambini meno fortunati". Giuseppe e alcuni commilitoni, in forma privata, pensano a un modo per dare un contributo. Basta una telefonata a casa, a Veglie, non lontano da Lecce, e parte una raccolta tra i concittadini di giocattoli adatti all'apprendimento e vestiti per piccoli da 0 a 3 anni. Anche la onlus "Effemeridi" si impegna nell'iniziativa. Grazie al contributo dell'Aeronautica militare, che pensa al trasporto, i giochi arriveranno nel Centro diurno e le suore li distribuiranno ai piccoli alunni. Mentre i vestiti verranno donati ai bambini di Kabul e dintorni che ne hanno bisogno. I carichi partono in questi giorni, entro Natale saranno in terra afgana.
Qui ci vuole l'aiuto di un pezzo da novanta della cooperazione internazionale. Alberto Cairo è un altro anello della catena. Fisioterapista e scrittore, vive a Kabul ed è delegato del Comitato internazionale della Croce rossa in Afghanistan dal 1989. Ha l'esperienza, i contatti e i mezzi logistici per far arrivare direttamente nelle case giuste i regali italiani. I carabinieri che hanno promosso la raccolta umanitaria si fidano di lui. Nel 2010 Cairo è stato candidato al Nobel per la pace. Merito soprattutto del programma ortopedico che da Kabul si è esteso ad altre città afgane. I suoi centri curano le vittime delle mine, gli amputati e le persone con handicap motori, ma offrono anche istruzione e micro prestiti.
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