New York - I sondaggi in discesa non sono l'unica cattiva notizia arrivata nei giorni scorsi per Barack Obama. A otto mesi dalle elezioni di metà mandato, a novembre, soltanto il 41% degli americani approva l'operato del presidente. La percentuale è scesa di due punti rispetto a gennaio. Nel 2010, quando il partito ha perso la maggioranza alla Camera, Obama aveva il 45% del sostegno popolare.
Un sondaggio del Wall Street Journal/Nbc è arrivato a innervosire i democratici poche ore dopo i risultati negativi della prima sfida alle urne di un 2014 elettorale. La Florida ha votato in una suppletiva per un seggio al Congresso martedì scorso. Il repubblicano David Jolly ha battuto, con uno scarto di pochi voti, la rivale Alex Sink. I democratici si aspettavano di vincere la sfida elettorale, con un candidato ben conosciuto e una campagna ben finanziata, in un distretto conquistato da Obama due volte, nonostante il seggio al Congresso sia da decenni repubblicano. Per il sito Politico, la sfida della Florida doveva essere "un'occasione ideale per i democratici per dimostrare che il 2014 non è un anno in perdita. Invece, hanno preso un altro colpo, indebolendo ulteriormente le loro prospettive per il voto di metà mandato di quest'anno". Secondo i pronostici, i democratici non riconquisteranno la Camera e faticheranno a tenere il Senato.
Il vincitore David Jolly ha subito indicato che il suo successo anticiperebbe il clima elettorale dell'autunno: "I democratici dovrebbero essere preoccupati", ha detto. Sul risultato della Florida, uno Stato in bilico nelle elezioni presidenziali, i due partiti americani stanno già dando diverse letture dei fatti. Sul Washington Post, l'analista politico Chris Cillizza ha scritto come per i repubblicani la vittoria rappresenti "un segnale", mentre i democratici minimizzano, spiegando che da tempo il distretto, campo di battaglia della prima sfida elettorale del 2014, è da tempo feudo repubblicano. Sicuramente, scrive, la vittoria rende i democratici "nervosi" e "dà energia" a un partito repubblicano diviso, incapace finora di trovare una figura unificante per le presidenziali del 2016.
Uno specialista di sfide elettorali, Karl Rove, ex vice capo dello staff presidenziale di George W. Bush e suo consigliere elettorale, ha consigliato ai repubblicani di essere cauti e "non stappare lo champagne". In un articolo sul Wall Street Journal ha ricordato come in passato altre suppletive non abbiano anticipato i risultati di metà mandato. Per altri, però, quest'elezione rappresenta una prova per le future strategie elettorali. Il repubblicano Jolly, ora deputato al Congresso, ha incentrato la sua campagna elettorale sulla critica all'Obamacare - la riforma del sistema sanitario voluta dal presidente e contrastata dal partito repubblicano. La legge non sembra convincere gli americani se, come racconta il sondaggio del Wsj/Nbc, il 49% della popolazione pensa che sia "una cattiva idea". Il repubblicano Greg Walden, presidente del National Republican Congressional Committee, ha dichiarato alla Cnn che il voto in Florida è stato un referendum sulle politiche del presidente e sull'Obamacare: la sfida "anticipa quello che accadrà in autunno" durante le elezioni di metà mandato.
Nella suppletiva della Florida l'attacco alla riforma sanitaria si è rivelato vincente e il successo della campagna ha indicato una strada agli strateghi elettorali repubblicani. La squadra democratica deve ora elaborare una difesa.
Se la stampa americana, come i democratici e i repubblicani, è divisa sul significato dei risultati della Florida in vista della sfida di novembre, il britannico Economist, nella sua rubrica Lexington dedicata agli Stati Uniti, riassume così il voto: "In politica o vai su o vai giù, e in questo momento i democratici non stanno vincendo".Twitter: @rollascolari
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