
Qualche prodotto è uscito dalla «black list», rimodulata al ribasso rispetto alle iniziali misure punitive messe a punto dagli sherpa Ue sulle merci in arrivo in Europa dagli Usa. Ma alla fine i Paesi membri hanno votato a maggioranza i contro-dazi. Un solo Stato ieri si è sganciato dai 27: l'Ungheria di Orbán, secondo cui «l'escalation non è la risposta». Bazooka comunque pronto dal 15 aprile: nelle dogane europee saranno applicati dazi per 3,9 miliardi in risposta per ora ai rincari imposti da Washington a marzo su acciaio e alluminio; se nulla cambia nell'approccio del Trump II, dal 15 maggio aumenti Ue per altri 13,5 miliardi. Infine, dal 1° dicembre, di 3,5 miliardi. L'ammontare complessivo del conto che l'export americano pagherà per entrare sfiorerà i 21 miliardi entro l'anno. Resta da capire come controbattere invece ai «dazi reciproci» sospesi a sorpresa per 90 giorni dal tycoon: oggi il vicepresidente della Commissione Ue Séjourné ospiterà una riunione ad hoc con i settori più colpiti, tra cui automotive e pharma.
È un ritorno al passato. Il provvedimento di ieri ricalca infatti parte delle tariffe maggiorate per prodotti che furono oggetto di contromisure Ue nel 2018, sospese nel 2021; con l'aggiunta, però, di beni considerati di alto valore «politico» dalla Commissione, in larga parte provenienti da Stati che hanno votato The Donald e che ora si vedono «puniti». L'Ue fa leva sulla popolazione. Il messaggio è che nella guerra commerciale inaugurata dal tycoon a perderci saranno gli stessi produttori americani; non solo il Vecchio continente. In risposta all'invito a trasferire negli States le aziende promettendo «zero dazi», ieri contro-appello da von der Leyen basato sulla sburocratizzazione: «Stiamo semplificando le regole», la nota inviata da Bruxelles alla Camera di Commercio americana presso l'Ue, con tanto di slogan: «Investi qui, l'Europa è aperta a commercio e investimenti». Poi nuova istanza alla Casa Bianca: «Negoziamo, non inaspriamo le tensioni, mantenere fluide l'approvvigionamento Ue-Usa», rimarca Ursula.
Ma Bruxelles non ripone il bazooka nella custodia. A differenza di Pechino, l'Ue non risponde con automatismi, ma non può neppure permettersi di stare alla finestra. E alterna bazooka a ramoscelli d'ulivo: «I contro-dazi possono essere sospesi in qualsiasi momento, qualora gli States accettino una soluzione negoziata equa ed equilibrata», ha scritto la Commissione, che ha tenuto fuori whiskey e bourbon su input di Italia, Francia e Irlanda; viste le minacce trumpiane di dazi fino al 200% su bollicine, vino e alcolici dall'Ue, se fossero stati inclusi nel bazooka. Lista completa a giorni (e percentuali del 10%, ma in maggioranza il dazio Ue sarà del 25%) più corposa rispetto a quella squadernata nel Trump I e «congelata» in era Biden. Il voto a 27 nel Comitato barriere commerciali non ha trovato grandi ostacoli: «Siamo riusciti a rimuovere dall'elenco prodotti importanti» per l'economia di Helsinki, ha sottolineato il premier finlandese Orpo. Mossa non esaustiva, né l'ultima che i 27 hanno in canna. «Non vogliamo una guerra commerciale», ha ribadito la vicepresidente della Commissione Virkkunen, confermando che l'Ue possa colpire pure le Big Tech americane: «Stiamo preparando anche queste misure» per riportare Trump a più miti consigli.
La Lituania allerta sul peso che i dazi avranno anche «sulla pianificazione dei progetti nella cooperazione con l'industria della difesa Usa». Per gli sherpa Ue, le tariffe trumpiane potrebbero causare seri danni pure all'Europa dello spazio.
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