Gendarmi al confine: decine di respinti. Pugno duro francese da Calais a Mentone

In 500 schierati alla frontiera. I migranti rispediti indietro. La Caritas: "Qui rischiamo un’altra crisi come nel 2016"

Gendarmi al confine: decine di respinti. Pugno duro francese da Calais a Mentone

Il confine è blindato più di prima. Cinquecento uomini della gendarmerie pattugliano i passi di Ventimiglia, la rotta dei migranti verso la Francia. Già prima della crisi tra Roma e Parigi questa era considerata la frontiera più difficile per i metodi dei francesi. Associazioni e volontari assistono da anni i migranti che dalla Sicilia risalgono fino a qui per oltrepassare il confine di terra. Dove il «Passo della Morte», un sentiero stretto, a strapiombo sulla montagna, ha inghiottito diverse vite. Ora i controlli sono serrati su ogni valico. Se la Francia chiude la frontiera definitivamente, «rischiamo un altro 2016 (oltre 3mila persone al confine) con numeri forse minori, ma con una disperazione maggiore delle persone», dice Christian Papini, della Caritas Intemelia di Ventimiglia. «Nel 2016 arrivarono a migliaia - ricorda il volontario - ma c'era più ottimismo: quando li guardavi negli occhi, vedevi che ci credevano. Adesso mi interfaccio con persone che da anni girano in Italia e vivono sulle panchine: è ben diverso». Ci sono 100-120 persone al giorno che transitano da qui, provando a superare il confine: «Ci sono diversi nuclei familiari, principalmente provenienti dalla rotta balcanica - spiega Papini -. Ci sono famiglie con tanti bambini, anche 7-8, alcuni portatori di handicap. E poi moltissimi minori non accompagnati». I metodi? La gendarmerie «manda tutti indietro e spesso non lo fa in maniera umana: le persone vengono tenute in questa specie di container alla frontiera alta e poi rispedite in Italia. In mezzo ci sono anche molti minori e questo va contro il trattato di Dublino. Se una persona transita da qui perché vuole andare in Germania, viene identificato in Italia e resta in Italia. Accade però che la persona non accetta di rimanere in Italia e quindi prova e riprova a passare il confine. E finisce che muore in autostrada, come successo tre giorni fa a un ragazzo afghano, travolto dai mezzi in transito in A10». Negli anni è stato documentato l'uso di spray urticanti da parte dei francesi, che pattugliano i treni e costringono con la forza i migranti a scendere. Non solo Ventimiglia. Anche Claviere, che attraverso il passo del Monginevro collega la val di Susa con la Francia, verso Briançon. I migranti tentano il valico con temperature sotto zero, molti vengono soccorsi in ipotermia. C'è chi non ce l'ha fatta. I francesi per individuare i passaggi usano cani e droni che rilevano il calore della pelle. E c'è Calais, la frontiera nord, dove i migranti tentano di attraversare la Manica per raggiungere il Regno Unito. È qui che si materializza il pugno più duro della politica migratoria dell'Eliseo. L'auberge du migrants, un'associazione di volontari, da anni denuncia gli sgomberi che ogni due giorni vengono messi in atto dalla gendarmerie per rispondere alla linea del governo centrale: evitare accampamenti. I migranti - anche dopo lo smantellamento della mega bidonville che si era creata anni fa, la «giungla» - vivono nei boschi di Calais in attesa di tentare di raggiungere il Regno Unito, ma ogni 48 ore vengono cacciati dalle forze dell'ordine. Le tende vengono distrutte, come deterrente. Numerose le denunce di Human Rights Observers che nel 2021 ha registrato 1.226 espulsioni da insediamenti informali, cioè 102 espulsioni al mese. Più di tre al giorno.

«Tutti gli effetti personali riportano i volontari - tende, teloni, coperte, ma anche zaini contenenti documenti di identità, prescrizioni e cure mediche, telefoni cellulari, 6 vengono sistematicamente distrutti, in presenza o meno dei proprietari. Le tende vengono lacerate e svuotate, coperte, materassi e altri oggetti vengono gettati nel fango».

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