Oggi il trilogo Ue varerà il nuovo regolamento sul packaging. Molti Paesi, tra cui l'Italia, hanno chiesto alla Commissione europea un approccio più pragmatico. Ciò che più teme Vannia Gava, viceministro dell'Ambiente, è «l'ideologia, che rischia di compromettere in maniera devastante una buona fetta del nostro tessuto industriale, eccellenza nel settore, e di fermare il progresso tecnologico». «Abbiamo lavorato molto - spiega Gava -, cercando di mediare e valorizzare le migliori esperienze. L'ultimo testo in discussione oggi dovrebbe assicurarci una deroga su alcuni imballaggi, riconoscendo le nostre capacità di riciclo».
Il problema è la brutta fama della plastica soprattutto tra gli ecologisti militanti. «Non si può condannare a priori un materiale - sottolinea la viceministro - perché è l'analisi del ciclo di vita che ci dice quando è più opportuno utilizzare un contenitore monouso in plastica piuttosto che un contenitore riutilizzabile in vetro o metallo. Bisogna essere pragmatici: per rendere efficiente la gestione dei rifiuti occorrono più investimenti e puntare sul riciclo chimico e sulla termovalorizzazione. Anche produrre energia è fare economia circolare».
Lo scoglio è difendere dall'accusa di inquinamento l'imputato numero uno: l'imballaggio monouso. «La direttiva Sup ha fissato target che l'Italia ha già ampiamente superato - ricorda Gava -. Il ministero dell'Ambiente ha di recente aperto anche un canale contributivo di 30 milioni di euro per incentivare le imprese del settore verso produzioni alternative. Non si può, però, non considerare che il monouso garantisce importanti standard di sicurezza alimentare e tutela della salute: penso ai pasti in ospedale, negli alberghi, nei luoghi affollati».
D'altronde, l'Italia ha mostrato di essere efficiente nel campo del riciclo, dimostrando che la plastica non è un tabù. E la Gava sfoggia numeri incoraggianti: «La raccolta differenziata oggi supera il 65%, la plastica ne rappresenta il 10%. Il 95% dei rifiuti plastici sono imballaggi, di cui il 72% avviati a riciclo, il 9% a recupero energetico, l'8% sono riutilizzabili. Con il riciclo chimico colmeremmo quello che manca». Ora la Ue ha deciso di spostare al primo gennaio 2026 l'introduzione della bioplastica. E l'Italia, assicura Gava, arriverà preparata alla scadenza: «Rimaniamo comunque convinti che porre paletti temporali sia un limite alla ricerca e all'innovazione».
Ciò che va evitato dunque è l'adozione di un regolamento troppo restrittivo che produrrebbe, conclude la viceministro - l'azzeramento di miliardi di investimenti, pubblici e privati, e impatti occupazionali su tutte le filiere colpite dal regolamento. Parliamo del 30% del Pil del Paese. Auspico buonsenso».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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