(Nostro inviato a Bruxelles) Al primo Consiglio europeo del nuovo corso i riflettori sono tutti puntati sul conflitto tra Russia e Ucraina, con Volodymyr Zelensky protagonista indiscusso della giornata brussellese e Vladimir Putin che da Mosca pone le sue condizioni per un’eventuale tregua in una conferenza stampa fiume di quattro ore e mezza. Pur trovando ampio spazio nelle conclusioni del vertice dei Ventisette, resta invece sullo sfondo il capitolo immigrazione, destinato ad essere uno dei principali dossier di cui si occuperò la nuova Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen.
Non è un mistero, infatti, che la questione migranti - come pure una profonda revisione del green deal - è uno dei principali fronti su cui il Ppe è disponibile a collaborare con partiti che non rientrano nella cosiddetta «maggioranza Ursula», a partire dai conservatori di Ecr. Così, non è un caso che lunedì scorso - nella consueta lettera indirizzata al Consiglio prima di ogni riunione - von der Leyen abbia sollecitato i capi di Stato e di governo europei a «sviluppare il concetto di centri di rimpatrio in Paesi terzi» e abbia chiesto all’Agenzia Ue per l’asilo di «accelerare l’analisi di Paesi terzi che potrebbero potenzialmente essere designati come Paesi sicuri». Insomma, una mano tesa a quel «modello Albania» contro cui Elly Schlein è tornata a puntare il dito. «Un fallimento clamoroso», dice la segretaria del Pd durante la riunione del Pse che si tiene in mattinata a Bruxelles. Una posizione che è condivisa da quasi tutto il gruppo dei Socialisti, ma che convince fino a un certo punto i Popolari, dove le sensibilità sono più sfumate e c’è anche chi vede di buon grado la soluzione di delocalizzare gli hotspot in Paesi extra Ue.
Così, proprio a margine del Consiglio europeo, Giorgia Meloni - insieme al premier danese Mette Frederiksen e all’olandese Dick Schoof - ha promosso una nuova riunione informale tra alcuni degli Stati membri più interessati al tema delle cosiddette «soluzioni innovative» da applicare alla gestione del fenomeno migratorio e in particolare al rafforzamento del quadro legale in materia di rimpatri. Oltre a Italia, Danimarca, Paesi Bassi e Commissione Ue, all’incontro hanno preso parte i leader di Cipro, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Polonia, Svezia e Ungheria. Con von der Leyen che ha illustrato i principali filoni di lavoro indicati nella Lettera sulla migrazione di lunedì scorso per poi concentrarsi sulla proposta di un nuovo quadro giuridico in tema di rimpatri che la Commissione intende presentare nei primi mesi del 2025.
Meloni - che a metà pomeriggio è stata costretta da febbre e influenza a lasciare il Consiglio Ue - si è soffermata sulla rilevanza delle «soluzioni innovative» nel contrastare la migrazione irregolare, soprattutto per spezzare il «modello di business» dei trafficanti di esseri umani e, allo stesso tempo, consentire di focalizzare gli sforzi di accoglienza nei confronti di chi ha effettivamente diritto alla protezione internazionale. La discussione tra i leader si è concentrata sull’esigenza di disporre di un quadro normativo europeo sempre più chiaro ed efficace con il rafforzamento dei concetti di Paese sicuro di origine e Paese terzo sicuro per sostenere le «soluzioni innovative», a partire proprio dal modello Italia-Albania e dalla possibile creazione di «returns hubs» in Paesi terzi.
E sempre di Ucraina e immigrazione si parlerà al vertice «Nord-Sud» che si terrà sabato e domenica a Saariselkä, nella Lapponia finlandese. Il format è inedito, visto che al tavolo siederanno Meloni e i primi ministri di Finlandia, Svezia e Grecia insieme all’Ue.
Helsinki e Stoccolma sono direttamente interessate dalla cosiddetta “rotta balcanica”, mentre Roma e Atene sono toccate dalla “rotta della orientale”. E il «gli hub per i migranti saranno certamente un tema», dice a margine del Consiglio Ue il premier svedese Ulf Kristersson.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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