(Nostro inviato a Bruxelles) Alla fine la spunta Giorgia Meloni. Che - anche grazie alla decisiva sponda di Ursula von der Leyen - sul fronte della lotta all'immigrazione riesce a imporre a Bruxelles la sua agenda. Perché se è vero che alla riunione promossa dalla premier italiana prima dell'inizio del Consiglio Ue si registrano le assenze di Paesi del peso di Germania, Francia e Spagna, è comunque fuor dubbio che per la prima volta un cospicuo gruppo di Stati decide di fare rete per sollecitare l'Europa a seguire una linea di maggior rigore nella lotta all'immigrazione e clandestina. Rilanciando, peraltro, l'idea di esternalizzare la gestione dei flussi migratori, sulla scia del protocollo sottoscritto tra Italia e Albania. L'Olanda, per dire, sta "valutando concretamente" l'ipotesi di creare un hub in Uganda in cui ospitare i migranti che non hanno diritto di asilo in arrivo dall'area africana. Mentre la Danimarca starebbe pensando al Kosovo, con cui un mese fa ha già siglato un accordo per ospitare per dieci anni trecento detenuti delle carceri danesi.
Non è un caso che, oltre a Meloni, siano proprio i primi ministri di Danimarca e Olanda, Mette Frederiksen e Dick Schoof, a sollecitare la riunione. Che alla fine coinvolge ben undici Stati membri, con la partecipazione anche di Austria, Cipro, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Ungheria. Un discreto gruppo di mischia, nel quale ovviamente spiccano le assenze dei governi di Berlino, Parigi e Madrid. La presenza al tavolo di Italia e Polonia (rispettivamente terza e quinta nella classifica dei Paesi Ue per numero di abitanti) non è però un dettaglio. Come pure la sintonia dei Paesi Bassi che, con il nuovo governo, inziano a muoversi uscendo fuori dal tradizionale schema di tandem con la Germania. Eppoi c'è il dato politico più importante, cioè la scelta di von der Leyen di presiedere la riunione, dandole un peso politico che altrimenti non avrebbe avuto.
L'ennesimo segnale che la presidente della Commissione Ue è intenzionata a seguire un'pproccio più deciso sulle politiche migratorie. Non a caso, lunedì scorso è stata la stessa von der Leyen a ipotizzare in modo esplicito una proposta legislativa per istituire i return hubs, cioè i centri di rimpatrio in Paesi terzi sulla scorta del protocollo tra Italia e Albania. Un modello che alcuni leader europei - tra cui il premier greco Kyriakos Mitsotakis - considerano "esplorabile" e su cui si sono confrontati ieri gli undici capi di Stato e di governo presenti alla riunione presieduta da von der Leyen che si è tenuta negli uffici della delegazione italiana dell'Europa Building. Un incontro, spiega Meloni, "molto positivo e con chiari obiettivi comuni". Cioè "prevenire l’immigrazione irregolare, combattere il traffico di esseri umani e rendere più efficace la politica europea dei ritorni". "Curioso notare - aggiunge poi la premier italiana - come, mentre quasi tutta l’Europa discute delle nostre iniziative per contenere l’immigrazione irregolare, la sinistra italiana pensi unicamente ad attaccarle in maniera inconsistente e gratuita". Una replica alle critiche di Elly Schlein, forse con un occhio anche alla scelta del tedesco Olaf Scholz e dello spagnolo Pedro Sanchez - entrambe socialisti - di non partecipare alla riunione di ieri. Che, di fatto, ancora una volta ha confermato come questa legislatura europea che si è appena aperta veda il Ppe muoversi su diversi dossier facendo asse non solo con la destra di Ecr, ma anche con i sovranisti dei Patriots.
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