Le Ong del Mediterraneo da giorni alzano la voce e sbattono i piedi contro i decreti del governo italiano, che dopo anni di autentica anarchia interpretativa, che ha lasciato campo libero, finalmente mette delle regole chiare per l'ingresso nel nostro Paese. Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha studiato un decreto che, garantendo gli obblighi di soccorso previsti sia dal diritto internazionale, sia dai regolamenti europei, pone dei paletti all'attività delle Ong, qualora queste non operino secondo standard ben delineati. Ha eliminato le conseguenze penali ma ha inasprito quelle amministrative, che arrivano fino alla confisca della nave. Tra gli obblighi delineati dal nuovo decreto nei confronti delle Ong c'è quello di chiedere il porto sicuro al primo intervento, senza aspettare in mare l'arrivo di ulteriori barchini. E poi c'è l'avviamento delle pratiche di asilo già a bordo, da inoltrare al Paese battente bandiera. "Non spetta all'Ue esaminare nello specifico il contenuto di questo decreto", ha dichiarato la portavoce della Commissione europea, Anita Hipper, mettendo a tacere le Ong.
Ora le organizzazioni internazionali scalpitano davanti alle nuove indicazioni, sia perché, come hanno dichiarato senza vergogna, l'obbligo di chiedere immediatamente un porto aumenta i loro costi di missione, sia perché non vogliono procedere con le pratiche di identificazione a bordo. Questo comporterebbe l'aggravio dell'obbligo di accoglienza nei confronti del Paese di bandiera e non più esclusivamente sull'Italia, che finora è stata tenuta a farsi carico di tutti i migranti, anche di quelli sbarcati da navi battenti bandiere straniere. Nel documento firmato da tutte le Ong c'è un passaggio espressamente dedicato al loro rifiuto di avviare le pratiche di asilo a bordo: "È dovere degli Stati avviare questo processo e una nave privata non è il luogo adatto per farlo".
Così hanno giustificato la loro decisione ma un passaggio della risposta della portavoce della Commissione europea, Anita Hipper, sembra smentirli ancora una volta. A espressa domanda di un giornalista in merito proprio alla richiesta di asilo a bordo delle navi, Hipper ha dichiarato: "I cittadini di Paesi terzi presenti nel territorio degli Stati membri, compreso il territorio marino, possono richiedere asilo". In base alle convenzioni internazionali, infatti, la nave che batte bandiera di uno Stato è considerato a tutti gli effetti parte del suo territorio, quindi l'equipaggio a bordo soggiace alla sovranità delle leggi dello stesso.
Pertanto, nel caso di interventi in acque internazionali, il primo territorio toccato dai migranti è quello dello Stato di bandiera della nave nel momento in cui mettono il primo piede a bordo. E non bisogna confondere il territorio marino di un Paese (acque territoriali) con la zona Sar. Quest'ultima è una semplificazione su carta delle zone di intervento.
Quindi, se una nave Ong che batte, per esempio, bandiera tedesca effettua un intervento in zona Sar maltese, il Paese di toccata dei migranti è la Germania, non Malta, perché l'area Sar non fa parte delle acque territoriali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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