Si muove qualcosa in Ungheria sul caso Salis. Il Paese di Viktor Orban ha confermato di aver chiesto la sospensione dell'immunità parlamentare per Ilaria Salis, eletta con Avs per garantirle l'uscita dal carcere, dove si trovava in attesa di giudizio. Ma, soprattutto, l'Ungheria ha chiesto l'estradizione di Gino Arzaj, che ha partecipato proprio con l'europarlamentare di sinistra alla manifestazione di febbraio 2023 a Budapest, durante le quali, secondo l'accusa, si sarebbero resi responsabili di violenze. Estradizione che interessa molto da vicino Ilaria Salis, che infatti dai social si è lanciata in un lungo post in difesa dell'attivista, attualmente in carcere a Parigi in attesa che i giudici francesi decidano sul suo caso.
Nel caso stabilissero che non si tratta di persecuzione politica e autorizzassero l'estradizione in Ungheria, il parlamento europeo si troverà in difficoltà nel tentativo di non far cadere l'immunità per Salis. In tal senso c'è anche l'estradizione della tedesca Maja T., ora in carcere a Budapest, per la quale la Germania non ha avuto problemi a farla giudicare da un tribunale del Paese in cui sarebbe stato commesso il reato. L'approccio della Francia dimostra di non esser ideologico, al pari di quello tedesco: entrambi i Paesi riconoscono la legittimità dell'azione ungherese nei confronti di soggetti indagati. In Italia, invece, il tribunale di Milano ha rifiutato l'estradizione di Gabriele Marchesi, con la motivazione che ci sarebbe stato il rischio di trattamenti inumani.
"Gino libero, no all'estradizione! Ho appreso, con grande preoccupazione, che la settimana scorsa è stato arrestato in Francia il mio amico e compagno Gino", scrive Salis nel suo messaggio, nel quale cerca di costruire una narrazione un po' zoppicante in difesa di Arzaj, "arrivato in Italia quando aveva tre anni, dove ha avuto residenza regolare e continuativa per più di vent’anni. Eppure, per colpa del razzismo sistemico del nostro Paese, gli è stata negata la cittadinanza, con il pretesto di alcune segnalazioni di polizia per il suo generoso impegno come attivista nei movimenti". Salis arriva a parlare di "razzismo sistemico" per una cittadinanza non ottenuta, nonostante sia legge la necessità di non avere segnalazioni di polizia e segnalazioni per l'ottenimento, nel nostro Paese così come nel resto del mondo. L'ennesima mistificazione, l'ennesima distorsione della realtà per la tutela di un soggetto che si è reso protagonista, evidentemente, di manifestazioni movimentate, se vogliamo chiamarle così.
"La solidarietà non è solo una questione umana e personale, ma anche e soprattutto politica. Ancora una volta il tiranno Orban prova a calpestare i valori dell’antifascismo e dello stato di diritto. La mia vicenda dimostra chiaramente che, per Gino e per tutti gli antifascisti, in Ungheria non è possibile aspettarsi né un processo giusto né una detenzione che rispetti i diritti fondamentali. Auspico che la stessa energia collettiva che è stata in grado di liberarmi e riportarmi a casa possa incidere sulla realtà anche questa volta", implora Salis. Ciò che stupisce dell'europarlamentare di Avs, ma nemmeno poi tanto viste anche le parole recenti di Carola Rackete, è la convinzione di poter avere una sorta di patente di immunità solo perché si dichiarano antifascisti. E di poter, per questo motivo, essere al di sopra di ogni legge e di ogni regolamento.
Se il reato è stato commesso in Ungheria, dove il gruppo si è recato appositamente per la manifestazione, il tribunale designato per il giudizio è quello ungherese. Certo, ora la posizione della Salis è particolarmente in bilico e quanto fatto da Avs per la sua elezione potrebbe rivelarsi inutile.
Con la Francia e la Germania che legittimano la richiesta ungherese, si riducono i margini per Salis per preservare l'immunità alla quale si sta aggrappando con le unghie e i denti. Anche causando qualche dissapore nel parlamento europeo, dove è sempre più chiaro che Salis sia arrivata a Bruxelles principalmente per perseguire fini personali.
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